Il Tribunale della libertà ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere del 53enne pluripregiudicato di Limbadi accusato dell’omicidio della giovane imprenditrice scomparsa nel 2016
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Il Tribunale del Riesame presieduto dal giudice Giuseppe Valea, ha annullato l’ordinanza di custodia in carcere emessa dal gip di Vibo Valentia Giulio De Gregorio, nei confronti di Salvatore Ascone, 53 anni, detto “U Pinnularu”, pluripregiudicato di Limbadi, ritenuto dagli inquirenti vicino al clan Mancuso.
Ascone, che dinanzi al Tribunale del Riesame è stato difeso dagli avvocati Francesco Sabatino e Salvatore Staiano, era stato tratto in arresto con l’accusa di concorso nell’omicidio di Maria Chindamo, la giovane imprenditrice di Laureana di Borrello scomparsa il 6 maggio 2016 a Limbadi in località Montalto dinanzi al cancello della sua tenuta agricola. In particolare, secondo la Procura di Vibo Valentia ed i carabinieri, Salvatore Ascone avrebbe, in concorso con altri soggetti ancora non identificati, agevolato l’omicidio manomettendo il sistema di video-sorveglianza di località Montalto e della sua villetta posta dinanzi alla tenuta agricola di Maria Chindamo, in modo da rendere agevole l’opera dei sicari.
All’udienza del 31 luglio dinanzi al Tribunale del Riesame gli avvocati Sabatino e Staiano hanno depositato una corposa memoria difensiva allegando numerosi atti e una consulenza tecnica dell’esperto informatico Andrea Lampasi, contestando l’intera ricostruzione della pubblica accusa. Rispetto alla data dell'udienza, i giudici hanno sciolto la riserva solo nella giornata odierna disponendo l'immediata scarcerazione di Ascone. In particolare, i due penalisti hanno evidenziato una serie di lacune relative agli aspetti tecnici della vicenda, con riferimento sia alle telecamere poste nell’abitazione di campagna di Ascone in ordine al malfunzionamento sia agli orari indicati dalla polizia giudiziaria.
È stato poi interamente ricostruito il tema dei tabulati telefonici richiesti dalla difesa che hanno consentito in più parti di escludere responsabilità sia da parte di Ascone che da parte del figlio, all’epoca minore, cercando così di smentire la ricostruzione della Procura di Vibo che all’udienza aveva comunque insistito per il rigetto del riesame della difesa. Sono stati quindi ricostruiti dalla difesa i tempi di percorrenza tra l’abitazione di Ascone e la casa di campagna dove nelle vicinanze è scomparsa Maria Chindamo per escludere qualsivoglia spostamento utile da parte degli indagati. Infine sono state contestate dai difensori anche le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Emanuele Mancuso sulla base di allegazioni documentali che hanno mirato ad escludere la sua attendibilità. I due penalisti, ala decisione del Riesame hanno affermato che la stessa “ci restituisce il riconoscimento per un lavoro non facile, avendo dovuto contraddire una ricostruzione molto estesa da parte dell’Ufficio di Procura per ribadire l’estraneità ai fatti - oggi acclarata dai giudici del Riesame - di Salvatore Ascone nonché del figlio minore”.