L’agguato fu eseguito nel 1988 dal braccio destro del boss De Stefano. L’imputato incastrato da una traccia di sangue rinvenuta sul luogo del delitto
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Per la Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, Vincenzino Zappia deve essere condannato a 30 anni di carcere anche in secondo grado. È questa la richiesta avanzata, davanti alla Corte d'Appello, dal sostituto procuratore Walter Ignazitto, che ha concluso la sua requisitoria nel processo per l'omicidio di Giuseppe Cartisano, avvenuto a Reggio Calabria il 22 aprile del 1988.
Il pm ha chiesto, in sostanza, la conferma della sentenza di primo grado. Sul banco degli imputati c'è Zappia, 53 anni, braccio destro del boss Giuseppe De Stefano e storicamente indicato dai pentiti come uno dei principali killer della seconda guerra di mafia che insanguinò la città dello Stretto tra il 1985 ed il 1991. L'omicidio di Cartisano, avvenuto a Reggio Calabria, nella centralissima piazza De Nava, rappresentò la risposta all'agguato in cui fu ucciso il boss destefaniano Carmelo Cannizzaro. Durante la fuga, ci fu un conflitto a fuoco tra i carabinieri e i due sicari uno dei quali, Luciano Pellicanò, fu ucciso, mentre Zappia rimase ferito. Gli accertamenti tecnici sulle tracce ematiche trovate a terra, sul luogo dell'agguato, non consentirono all'epoca di risalire al killer.
Dopo oltre 30 anni, però, quella macchia di sangue, conservata negli archivi giudiziari, per la Dda si è rivelata fondamentale per chiudere il cerchio sulle responsabilità nell'omicidio di Cartisano. Dopo la requisitoria del pm Ignazitto, l'avvocato della difesa Gianfranco Giunta ha chiesto l'annullamento della condanna. Il processo è stato, quindi, rinviato al 29 settembre quando è prevista l'arringa dell'avvocato Giancarlo Murolo. Subito dopo la Corte d'Appello si ritirerà in camera di consiglio per la sentenza.