Si sono celebrati ieri pomeriggio in forma strettamente privata i funerali di Giuseppe De Masi, l’imprenditore 39enne ucciso a Soriano Calabro il 31 dicembre scorso mentre si trovava dal barbiere. Un corteo di auto ha “scortato” il feretro dall’uscita dello svincolo autostradale delle Serre – proveniente dall’ospedale di Germaneto, a Catanzaro, dove è stata eseguita l’autopsia – sino a Soriano Calabro e da lì sino al cimitero di Sorianello dove in tanti sono giunti, nonostante i divieti per la normativa anticovid, per l’ultimo saluto al giovane il cui delitto ha scosso un’intera comunità. A sorvegliare con discrezione ogni movimento, le forze dell’ordine impegnate in queste ore nelle indagini e nel controllo del territorio.

Investigatori alla ricerca dell’auto usata dal sicario

Sul fronte investigativo nulla trapela dalla Procura di Vibo Valentia e dai carabinieri che conducono le indagini. L’attenzione è in ogni caso concentrata sulla ricerca di un’auto che sarebbe già stata individuata quanto a colore e modello e che si ritiene essere stata usata dal sicario e dai suoi complici per recarsi prima nell’autolavaggio di Giuseppe De Masi alla ricerca dello stesso senza però trovarlo, per poi dirigersi in direzione di  Soriano paese per portare a termine la missione di morte nel salone del barbiere dove il 39enne si trovava in quel momento.

Di grande aiuto in tal senso pare si siano rivelati diversi impianti di videosorveglianza della zona, in particolare quelli del Comune e del locale ufficio postale, le cui immagini vanno ora comparate con quelle riprese da altri impianti di videosorveglianza, compresi quelli a ridosso dell’autolavaggio.

Un lavoro delicato e non facile ma che potrebbe presto dare i frutti sperati con l’individuazione della persona che ha premuto per sei volte il grilletto (tre i colpi andati a segno e che non hanno lasciato scampo alla vittima designata) e dei complici con i quali si sarebbe portato in macchina alla ricerca di Giuseppe De Masi per poi darsi alla fuga facendo perdere le proprie tracce.

Nulla trapela in ordine al movente che può aver armato la mano degli assassini, l’unica certezza al momento è che il caso viene seguito dalla Procura di Vibo Valentia e non è passato alla Dda di Catanzaro. Non vi sono quindi allo stato elementi tali per inquadrare il fatto di sangue come un omicidio di mafia (e quindi di competenza della Dda), anche se le modalità con le quali l’azione di fuoco è stata portata a termine richiamano certamente contesti mafiosi dai quali probabilmente provengono sicario, complici e arma del delitto.