Il caso giudiziario di Fabio Antonio Falbo torna agli onori della cronaca con la recente sentenza della Corte di Cassazione, emessa dalla quinta sezione penale. La questione del permesso premio è stata al centro di un acceso dibattito giuridico che ha portato gli ermellini a dare ragione alla difesa, accogliendone il ricorso.

Caso di Fabio Antonio Falbo, contesto iniziale

Nel marzo 2022, il magistrato di sorveglianza di Roma aveva respinto la richiesta di concessione di un permesso premio per Fabio Antonio Falbo, condannato a 22 anni e 9 mesi di reclusione. La decisione era stata motivata dalla natura ostativa dei reati commessi, tra cui tre omicidi aggravati (Giorgio Salvatore Cimino, Giuseppe Vincenzo Fabbricatore e Vincenzo Campana), violazione della legge sulle armi e ricettazione. Inoltre, mancavano prove sulla non pericolosità del soggetto, nonché elementi che escludessero i collegamenti con la criminalità organizzata.

Reclamo e prima ordinanza

Nel dicembre 2022, il Tribunale di sorveglianza di Roma aveva rigettato il reclamo di Falbo. Il Collegio ritenne che i tre omicidi fossero il risultato di una faida di 'ndrangheta, applicando l'aggravante di cui all'art. 7 della legge 203/1991. Falbo non aveva presentato circostanze concrete di interruzione dei legami con il tessuto criminale, portando alla reiezione del reclamo.

Sentenza della Corte di Cassazione

Nel dicembre 2023, la Prima Sezione della Corte di Cassazione aveva annullato l'ordinanza per un vizio di motivazione. Il Tribunale di sorveglianza aveva focalizzato l'attenzione sulla scelta di non collaborazione e sulla gravità dei delitti, senza considerare il percorso carcerario di Falbo e la sua concreta pericolosità sociale. La Corte di Cassazione richiese una valutazione completa del percorso carcerario e un bilanciamento con la pericolosità sociale di Falbo.

Nuova ordinanza e le modifiche normative

Nello stesso mese, il Tribunale di sorveglianza di Roma aveva rigettava nuovamente il reclamo di Falbo. La modifica del decreto legge 162/2022 richiedeva ulteriori allegazioni, come l'adempimento delle obbligazioni civili e la presenza di elementi che escludessero l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata. Le note della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro fornivano elementi sull'attualità dei collegamenti e sul pericolo di un loro ripristino.

Ricorso per Cassazione di Fabio Antonio Falbo

Fabio Antonio Falbo aveva proposto ricorso per Cassazione, sostenuto dall'avvocato Francesca Vianello Accorretti. La difesa aveva argomentato sull'inosservanza dell'art. 30-ter dell'Ord. pen. e sulla mancanza di motivazione del Tribunale. In particolare, il difensore aveva richiesto un rinvio per integrare il fascicolo con tutte le relazioni necessarie alla decisione.

La Requisitoria del Procuratore Generale

Nel maggio 2024, il Procuratore generale aveva chiesto il rigetto del ricorso. La difesa di Falbo, tuttavia, aveva presentato nuovi motivi, tra cui l'esclusione dell'aggravante per gli omicidi già al primo grado e la già espiata pena per i reati ostativi. La difesa lamentava anche la mancata valutazione di elementi a favore di Falbo, come le relazioni del carcere di Rebibbia e della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro.

Reclamo accolto

Secondo la Cassazione, il Tribunale di sorveglianza non ha compiuto il preliminare scrutinio sulla rieducazione di Falbo, nonché la richiesta di rinvio per integrare il fascicolo. La sentenza della Corte di Cassazione ha richiesto un concreto bilanciamento tra gli elementi connotanti la caratura criminale dei fatti commessi e il percorso rieducativo portato avanti da Falbo.

Fabio Antonio Falbo tra 'ndrangheta e Sibaritide

Per gli ermellini, il provvedimento impugnato «ha omesso di valutare il percorso inframurario del detenuto, che la pronuncia rescindente aveva già ritenuto «immune da rilievi e improntato alla partecipazione al trattamento, alla formazione didattica ed alla disponibilità all'attività lavorativa», e di operare, come invece era stato richiesto dalla sentenza di annullamento, "un concreto bilanciamento fra gli elementi connotanti la caratura criminale dei fatti commessi ed il percorso rieducativo portato avanti", necessario anche per mantenere l'esecuzione della pena nell'alveo dei principi costituzionali», si legge nella sentenza.

«Né potrebbe opporsi che una siffatta valutazione sia stata implicitamente articolata dal Tribunale a partire dalle note della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro del 22 ottobre 2020 e del 1° ottobre 2021, valorizzate per il giudizio sulla attualità di collegamenti con la criminalità organizzata e sul pericolo di un loro ripristino. Note che hanno riferito circa la presenza di recenti omicidi e tentati omicidi, fino al giugno 2020, nella Sibaritide, zona del clan di riferimento e tuttora interessata dalla forte presenza della criminalità organizzata, come confermato dai provvedimenti cautelari emessi, in data 16 febbraio 2021, a carico di esponenti della cosca Forastefano di Cassano Ionio, coinvolta nella faida contro la cosca Abbruzzese, nel cui ambito erano stati commessi gli omicidi commessi da Falbo». Si attende ora il nuovo giudizio davanti al tribunale di Sorveglianza di Roma.