VIDEO | Il programma di Italia Uno ha semplicemente evidenziato quello che tutti qui in Calabria abbiamo sotto gli occhi da tempo. L’inferno ce l’abbiamo sotto casa e a furia di conviverci non riusciamo più a vederlo. Stasera il secondo round dell’inchiesta sulla nostra sanità: pare siano andati a chiedere conto di questo sfascio al presidente dimorato a San Giovanni in Fiore. Dalle immagini in anteprima è probabile che assisteremo a una delle colossali figure di merda che, di tanto in tanto, i nostri rappresentanti istituzionali ci riservano
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«Non curerei mai mia figlia nell’ospedale di Locri. A pronunciare queste parole non è uno qualunque, ma un medico chirurgo che lavora all’ospedale di Locri, Pasquale Ceratti. L’affermazione è stata fatta in una puntata delle Iene dedicata al funzionamento dell’ospedale di Locri e all’Asp di Reggio Calabria. Il servizio messo su dagli “impiccioni” di Mediaset, è uno di quei servizi scioccanti. La sensazione che si prova, infatti, è quella di ricevere un violento ceffone.
L'inferno sotto casa
E, tuttavia, le Iene hanno semplicemente evidenziato quello che tutti qui in Calabria abbiamo sotto gli occhi da tempo. L’inferno ce l’abbiamo sotto casa e a furia di conviverci non riusciamo più a vederlo. Ma la cosa peggiore è quella che, quasi quasi, comincia ad apparirci normale. Adattarsi al marcio, infatti, sta diventando quasi una routine. Stampa, Magistratura, intellettuali, partiti politici, istituzioni regionali, istituzioni dello Stato, sapevano. Tutti sapevamo la verità. Eppure, sono dovute intervenire Le Iene, da Roma, per farci assaporare la merda e farci sentire l’amaro in bocca della triste realtà. Il disgusto di ciò che hanno visto i nostri occhi, al quale si somma una scarsa reattività, è mix preoccupante, sintomo di un malessere sociale anticipatore della disintegrazione della comunità calabrese.
La riunione
Il quadro desolante lo abbiamo percepito in quell’immagine della riunione di una fantomatica unità di crisi convocata presso la sede amministrativa dell’Asp di Reggio Calabria per affrontare il tema degli ascensori non funzionanti all’ospedale di Locri e presieduta dal dottor Mesiti, direttore generale privo di requisiti e responsabili nominati senza concorso. Definirli inadeguati, incapaci o forse qualcosa di peggio, mentre il collega Pecoraro li inchioda di fronte alle loro responsabilità, è quasi un eufemismo. A quel tavolo c’erano alcuni sindaci, muti, inebetiti, quasi impauriti, l’unico che tenta una timida reazione forse, il primo cittadino di Locri. Un quadro oggettivamente desolante, una situazione che rappresenta plasticamente il disfacimento, lo squallore delle istituzioni calabresi. Di fronte a ciò, la prepotenza del braccio di ferro impiantato dal presidente Mario Oliverio proprio sulla nomina dei direttori generali, assume tutti i caratteri della beffa.
Il momento di gettare la spugna
Questa Regione è stata distrutta nel corso degli ultimi 30 anni. Imputare tutte le responsabilità a un uomo solo sarebbe disonesto culturalmente e sul piano storico. E, tuttavia, Oliverio è in carica da 4 anni e non solo non ha invertito la rotta, ma ha confermato che la sua generazione politica è responsabile di tutto ciò, a destra come a sinistra. La grandezza di un uomo politico non si misura quando entra in scena, ma nella sua capacità di comprendere quando sia giunto il momento di uscirne. Una virtù della quale, evidentemente, l’attuale governatore è privo. Evidentemente, Oliverio, si rifiuta di comprendere insieme ai suoi alleati di partito e al suo cerchio magico composto da eminenze grigie, dame bianche e dame rosse, che è finita che devono sgombrare il campo.
Secondo round
Stasera Le Iene hanno preparato il secondo round della loro inchiesta, e pare siano andati a chiedere conto di questo sfascio sanità al presidente dimorato a San Giovanni Fiore. Sono andati soprattutto per cercare di capire come mai il governatore della Regione non ha messo il naso in quella spesa di 800 milioni di euro, il doppio di quello che si spende a Milano (luogo dove si realizza una delle Sanità più efficienti al mondo), mentre in Calabria non si riesce a sistemare nemmeno un ascensore. Dalle prime immagini della puntata di stasera, che i colleghi della redazione delle Iene ci hanno gentilmente anticipato, è probabile che assisteremo a una delle colossali figure di merda che, di tanto in tanto, i nostri rappresentanti istituzionali ci riservano di fronte alle domande dei giornalisti. E già, perché molto probabilmente ci ritroveremo un presidente di Regione che invece di rispondere nel merito preferisce scappare, chiudere le porte in faccia a coloro che inseguono la verità da comunicare all’opinione pubblica.
Oliverio uomo che viene dalla sinistra
Mario Oliverio è un uomo che proviene dalla storia della sinistra democratica di questo paese, quella stessa sinistra che difendeva i santuari del giornalismo quando venivano attaccati perché prendevano di mira gli esponenti del potere Berlusconiano. Quella stessa sinistra che si scagliò contro la Rai di viale Mazzini, rea di aver avallato l’editto bulgaro che cacciò il grande Enzo Biagi, quella stessa sinistra che candidò Michele Santoro alle elezioni Europee, votato in massa proprio qui in Calabria, al quale era toccata uguale sorte. Ecco, vedere uno storico rappresentante di quella sinistra, come l’attuale Presidente della regione, sbattere la porta in faccia a Gaetano Pecoraro, in cerca di risposte e chiarezza su atti di governo, ci ha fatto vergognare come calabresi, come cittadini e come uomini che di quella sinistra hanno fatto parte.
Se c’era rimasto qualche dubbio sull’opportunità che questa classe dirigente dovesse andar via, questi atteggiamenti li hanno fugati definitivamente. Tuttavia, oltre a combattere questa imbarazzante classe dirigente, questa terra dovrà combattere almeno altri due elementi altrettanto pericolosi per il futuro: la complicità con il sistema e la rassegnazione al fatto che nulla possa cambiare. Indignarsi, ribellarsi e partecipare, dunque, sono i tre sentimenti che bisognerà suscitare nella gente per i prossimi mesi. Il futuro è qualcosa che dobbiamo costruire con le nostre mani. Delegarlo nelle mani di coloro che ci hanno derubato della speranza sarebbe un crimine imperdonabile.
Pa.Mo.