Il presidente della regione aveva affermato che «alcuni strumenti di informazione in Calabria sono stati costruiti per esercitare condizionamenti»
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«È troppo comodo sparare nel mucchio senza assumersi la responsabilità delle proprie accuse. Se il presidente della Giunta regionale della Calabria, Mario Oliverio, ha le prove che “alcuni strumenti di informazione in Calabria sono stati costruiti per esercitare condizionamenti o per alimentare una deriva inquinante che spinge verso il condizionamento o la messa al servizio di lobby” non lanci generiche accuse in conferenza stampa, ma indichi nomi e testate che, a suo dire, “rispondono ad editori, a interessi che non sempre sono al di sopra delle parti e quando ricorrono al falso evidentemente hanno interesse a farlo”».
Lo affermano Carlo Parisi, segretario generale aggiunto della Fnsi e segretario del Sindacato Giornalisti della Calabria, Michele Albanese, responsabile Fnsi per la legalità, e Giuseppe Soluri, presidente del’Ordine dei giornalisti della Calabria, in relazione alle gravi accuse lanciate ieri da Oliverio nell’ambito di una conferenza stampa, nella sede della Cittadella regionale di Catanzaro, in merito ad un possibile calo delle presenze di turisti nella stagione estiva. «“Gli agitatori di sventure – ha detto, tra l’altro, Oliverio – per quanto concerne i dati del turismo, purtroppo per loro, saranno smentiti” e “sicuramente non condizionano me, perché io non ho mai fatto ricorso a strumenti corruttivi per determinare il rapporto con la stampa che a mio avviso deve essere libera”».
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«Accuse gravissime – sottolineano Parisi, Albanese e Soluri – che, se non dettagliate e circostanziate, finiscono solo per ricalcare l’inaccettabile clichè che personaggi che ricoprono importanti cariche istituzionali, come appunto il Presidente della Regione Calabria, dovrebbero invece aborrire. Oliverio denunci, quindi, quello che sa o i sospetti che ha. In caso contrario smentisca subito affermazioni e allusioni che non fanno altro che alimentare il già avvelenato clima di sospetto che ha sempre caratterizzato questa regione, dove la cultura dell’omertà e dell’accusa generica ha finito sempre per agevolare ’ndrangheta e lobby del malaffare. Le vere sventure della Calabria».