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Sotto il sole per quasi 5 ore, poi i controlli, le identificazioni, lo smistamento. Nel mezzo anche l'opportunità di un sorriso, una merendina e un po' d'acqua offerta dai volontari del coordinamento ecclesiale, subito dopo aver ricevuto i primi soccorsi da croce rossa, croce di malta e altre organizzazioni. Lo sbarco dei migranti nel porto di Reggio Calabria diventa una routine complicata, saltuariamente, da circolari ministeriali che intralciano l'oliato meccanismo che negli anni ha accolto decine di migliaia di persone. Una routine per tutti, meno per chi arriva: in 482, tra cui 51 donne e 9 bambini, hanno toccato terra ieri sul pontile dello scalo reggino, dopo essere stati salvati al largo delle coste libiche. In acqua da giorni, in nordafrica ad aspettare forse anche da mesi, vengono da paesi come Nigeria, Benin, Eritrea e Somalia. Posti in cui vivere è ormai un'impresa. Ciò che per volontari, poliziotti e reporter è ormai una routine, per loro è il viaggio della vita, quello che racconteranno ai nipoti. Nipoti fieramente italiani, svedesi, tedeschi e svizzeri.
Francesco Creazzo