L’attentato incendiario ai danni dei mezzi della ditta impegnata nella realizzazione delle opere complementari del nuovo ospedale di Vibo Valentia ha inevitabilmente riacceso i riflettori su un’opera attesa da un ventennio e mai completata. La prima pietra fu posata nell’anno 2004 a favore di telecamere, poi sono passati 17 anni tra inchieste e sequestri. L’ultimo risale allo scorso mese di dicembre quando, su input della Procura, le fiamme gialle hanno sequestrato il fosso Calzone per problemi di natura idrogeologica.

«All’epoca – spiega Camillo Falvo, capo della Procura di Vibo Valentia – dissi che non volevo bloccare i lavori per la costruzione del nuovo ospedale, tant’è che abbiamo limitato il sequestro solo alla parte specifica». Il procuratore ricorda come la realizzazione dell’opera abbia impedito di stanziare ulteriori risorse per implementare l’ospedale Jazzolino, così come le strutture sanitarie di Serra e di Tropea, che necessitavano di interventi di messa in sicurezza.

«I cittadini devono sapere quando sorgerà il nuovo ospedale»

«I cittadini – chiosa – hanno il diritto di sapere se quest’opera si realizzerà e in quali tempi, indipendentemente dall’attentato dei giorni scorsi». Per Falvo «la politica dovrebbe cominciare a farsi davvero carico del problema relativo alla costruzione del nuovo ospedale. Domandarsi se l’opera si può realizzare, quando sarà finita, e soprattutto, se quello (Località Cocari) sia il posto giusto dove realizzare l’opera». Il problema fattibilità del progetto il magistrato lo ha discusso sia con il sindaco Maria Limardo, che con l’ex prefetto di Vibo Valentia Francesco Zito e oggi anche con lattuale capo dell’Ufficio territoriale di Governo, Roberta Lulli, che per domani ha convocato il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica. La riunione servirà per predisporre le contromisure necessarie a garantire a imprese e operai la sicurezza. Non si esclude l’invio dei militari a presidiare il cantiere più importante e costoso del Vibonese.

«Dopo Rinascita le nuove leve si fanno avanti»

E intanto i due camion e l’escavatore dati alle fiamme sono ancora lì, mentre gli operai della ditta “Costruzioni Procopio” di Catanzaro continuano a lavorare per ultimare le opere complementari. La città sembrava vivere un risveglio di primavera civica, con l’operazione Rinascita Scott prima e la proclamazione di Vibo capitale italiana del libro, invece è ripiombata nella paura. «La primavera di Vibo c’è stata e c’è anche ora e non sarà questo episodio a metterla in discussione – assicura il procuratore -. Quando in Calabria e in particolare nel territorio vibonese vengono realizzate opere di questa portata la criminalità cerca di trarne profitto».

«Dopo la maxi operazione non era successo niente di eclatante – continua -, ma noi siamo comunque fiduciosi, contiamo di arginare immediatamente questa falla. Insieme alla Dda di Catanzaro stiamo lavorando per cercare di capire se l’episodio sia riconducibile alla riorganizzazione delle nuove leve sul territorio. Succede sempre così, quando avviene un fatto così importante come l’operazione Rinascita Scott, le nuove leve cercano di riorganizzarsi, ma noi dovremo essere bravi ad evitare che ciò accada». Inevitabile, infatti, supporre che dietro l’attentato ci sia la criminalità organizzata. «La matrice, le modalità dell’incendio dei mezzi sul cantiere e le dichiarazioni del titolare della ditta lasciano pensare che sia così – conclude Falvo – . Ma sia chiaro: noi non tralasciamo alcuna pista».