«Io insegnavo in un istituto di Altamura, poi sono stata licenziata». «Il preside mi ha detto: l’equipollenza della Sapienza è falsa». A verbale, nell’inchiesta Zero titoli, ci sono anche le dichiarazioni dei giovani che hanno scoperto di essere stati truffati e di aver sborsato migliaia di euro in cambio di carta straccia. L’insegnante 48enne, così come un’altra laureata attraverso un istituto estero, hanno dato corpo a un’inchiesta diventata una slavina che, dalla Puglia, è tracimata fino in Calabria e all’estero.

La rabbia dei truffati è finita (anche) sui social: una pagina Facebook (“Uniforma gruppo truffati”) racconta dubbi e brutte esperienze per chi si è fidato delle società finite sotto inchiesta. Dal virtuale al reale: dopo le denunce sul web sono arrivate quelle penali che hanno aperto la strada all’inchiesta della Guardia di finanza di Bari e Barletta. Il percorso per arrivare ai presunti falsi diplomifici è stato tortuoso e non è ancora finito: dopo gli accertamenti sui primi titoli falsi i militari si sono accorti di aver scoperchiato un vaso di Pandora. La Procura di Trani contesta a vario titolo ai 30 indagati le accuse di associazione per delinquere, truffa aggravata, falso materiale, corruzione e autoriciclaggio.

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Zero titoli, le società coinvolte e gli 800 titoli a rischio

Sono stati disposti accertamenti anche su diverse società: Cs Consulting Group, Cs Uniforma associazione culturale di formazione, Cs Uniforma srl Cs Vania Srl, Associazione professionale consorzio e formazione Morfe, Studio Ianus srl, Universo docente srl, Olimpo srl. Fra i beni a cui sono stati posti i sigilli c’è anche una Maserati.

C’è anche una prima anagrafe delle vittime della presunta truffa: sarebbero centinaia, almeno 60 quelle ascoltate dai finanzieri. Il punto è che potrebbero essercene molte altre, visto che al ministero dell’Università e della Ricerca sono arrivate nel corso degli anni circa 800 richieste di riconoscimento di titoli conseguiti presso istituti esteri.

Il modus operandi della presunta associazione per delinquere, infatti, prevedeva la costituzione di società di capitali all’estero (Cipro, Regno Unito e America Latina) abilitate all’apparenza al rilascio di titoli di studio riconosciuti anche in Italia. Le pratiche sarebbero state curate da uno degli indagati e sarebbero state prive della documentazione di supporto: lo scopo sarebbe stato quello di ottenere una ricevuta di protocollo – che il sistema informatico del ministero genera in automatico – da utilizzare illecitamente per ottenere un incarico di insegnamento temporaneo.

Il magistrato: ci sono persone truffate che non sono emerse

Il procuratore aggiunto Achille Bianchi lo ha lasciato intendere nel corso della conferenza stampa di ieri: «Probabilmente esistono persone che sono state truffate e che non sono emerse, il fenomeno dei falsi titoli era molto diffuso. Il malaffare è una parte di un fenomeno probabilmente molto più ampio e non solo nel nostro territorio ma su scala nazionale».

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Il fulcro dell’inchiesta è il Cs Consulting Group, ente universitario costituito a Trani che operava tramite alcuni Cs Point presenti in tutta Italia. Ce n’erano due a Bari, dove le attività di formazione venivano presentate in un albergo del centro. Cs Consulting Group era collegata all’Unimorfe international university, che curava le pratiche all’estero. Unimorfe è la società riconducibile a Maria Saveria Modaffari, imprenditrice calabrese arrestata assieme alla sorella Fortunata Giada. L’inchiesta documenta anche un litigio il gruppo pugliese e quello calabrese dell’organizzazione.

Il litigio nasce dal commento in una pagina social intestata alla Formamentis Albania, società che secondo gli investigatori sarebbe riconducibile a Lucia Catalano, 44 anni, e Savino Cianci, 60 anni, entrambi indagati. Un’utente, presunta vittima della truffa, aveva postato una recensione negativa spiegando che gli amministratori «erano truffatori noti alle forze dell’ordine». Il post parlava «di una strage di vittime con titoli fasulli».

La lite nel gruppo dopo le denunce sui social

Le intercettazioni captate dai finanzieri evidenziano la preoccupazione di Catalano e Cianci e la loro esigenza di riabilitare l’immagine della società intervenendo sul commento. Era preoccupata anche Maria Saveria Modaffari, la 38enne di Condofuri finita in manette e già coinvolta in un’inchiesta simile della Procura di Reggio Calabria. È lei a spiegare che l’utente adirato avrebbe voluto laurearsi in medicina comprando i titoli. Modaffari era contraria ma Lucy, secondo il racconto catturato dagli inquirenti, avrebbe ricevuto una somma di 20mila euro per farsi convincere. È uno degli episodi che scatena la rottura dei «rapporti affaristici» tanto che Modaffari sarebbe consapevole dei “titoli falsi» emessi da Lucy e ne prenderebbe le distanze nelle conversazioni con clienti e sodali. Da questo momento in poi, nel 2021, il gruppo si scinde e nascono tre costole.

La scissione si sarebbe concretizzata nel 2021: da lì sarebbero nate tre costole di quella che la procura di Trani ritiene un’associazione a delinquere. La prima avrebbe offerto, nel territorio tranese, percorsi formativi professionali attraverso la costituzione di altre imprese ed aggregandosi a nuovi soggetti; la seconda avrebbe «perpetrato il sistema fraudolento costituendo un nuovo “polo” a Foggia - avvalendosi di ulteriori società e associazioni culturali; la terza, grazie anche all’apporto operativo di un avvocato del foro di Reggio Calabria, avrebbe proposto ai discenti truffati dal gruppo foggiano la consegna di una pergamena.