Tante reazioni a un anno dal naufragio. Succurro (Anci): «Tutelare i diritti di tutti». Il sindaco di Cutro Ceraso: «La questione migranti riguarda l’Europa»
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Una tragedia che suscita emozioni. A un anno dal naufragio di Steccato di Cutro ancora si interroga sui fatti di tragica notte e sulle modalità dell’accoglienza. Chi con un gesto simbolico, chi con dichiarazioni forti.
Succurro (Anci): «Impegno costante per tutelare i diritti»
«Siamo profondamente addolorati per quello che accadde a Cutro l'anno scorso. Ancora oggi siamo scossi. Davanti a codeste tragedie, non ci può essere alcuna contrapposizione politica. Ricordiamo anche l'accoglienza, il calore che allora ebbero tanti calabresi». Lo ha detto Rosaria Succurro, presidente dell'Anci Calabria e della Provincia di Cosenza che stamane, ad un anno dal naufragio di migranti, si è recata a Steccato di Cutro per deporre «una rosa bianca come simbolo di umanità e di speranza».
«La memoria - ha aggiunto Succurro - è necessaria, ma sono indispensabili una sensibilizzazione, una testimonianza e un impegno costanti per salvaguardare i diritti, la dignità e la vita di tutti gli esseri umani». Assieme al sindaco di Cutro, Antonio Ceraso, e a tutte le autorità civili e militari presenti, la presidente Succurro si è poi fermata in raccoglimento davanti alla lapide che ricorda le vittime di quel naufragio.
Il sindaco di Cutro Ceraso: «L’accoglienza sia un problema europeo»
«Ad un anno di distanza dalla tragedia, col senno di poi, si potevano fare tante cose rispetto a quanto si è fatto, ma lascio che la magistratura svolga il proprio ruolo. Io mi sento di dire che con le passerelle non si risolvono i problemi». Lo ha detto il sindaco di Cutro, Antonio Ceraso. «I problemi - ha aggiunto Ceraso - si risolvono in Parlamento». E soprattutto la questione migranti «non può essere lasciata solo a noi italiani, ma deve diventare un problema europeo. Questa disgregazione politica italiana, in cui servirebbe unità, non è utile a nessuno. Il mio territorio non ha bisogno di disgregazione. Dobbiamo essere uniti in questa lotta, come contro la 'ndrangheta e contro il disagio sociale». «Noi, come comunità - ha detto ancora il sindaco di Cutro - abbiamo inteso l'accoglienza non come dare la coperta. Per noi accoglienza vuol dire integrazione. Siamo stati un popolo di migranti, con la valigia di cartone. Come noi, queste persone migrano per necessità e hanno bisogno di essere accolte, senza se e senza ma. Questo nostro approccio dovrebbe essere supportato anche da qualcun altro perché noi da soli non riusciremo mai a sopportare tutto questo. Con l'aiuto del governo potremmo fare molto di più e molto meglio».
L’Arci: «Vergognosa l’assenza del governo»
“Il naufragio di Cutro: un anno dopo” è il titolo di un documento redatto dall'Arci sulla strage di Steccato di Cutro «che riassume - è detto in una nota - come i vari attori coinvolti e cioè superstiti, familiari delle vittime e la società civile hanno lottato per ottenere giustizia e verità». «È bene ricordare - si sottolinea nella nota dell'associazione - che il governo presieduto da Giorgia Meloni si riunì il 9 marzo a Cutro per intervenire con un Decreto Legge che venne approvato in quella sede, a pochi metri dalla strage del 26 febbraio, e non andò a rendere omaggio alle bare delle vittime, né tanto meno ad esprimere solidarietà ai familiari e ai superstiti. Una scelta vergognosa, in coerenza con la volontà di sottrarre umanità a chi arriva in Italia in fuga da guerre e persecuzioni, da violenze e conflitti, per rendere accettabili scelte che altrimenti sarebbero assurde, oltre che ingiuste e fatte contro l'interesse dello Stato. La disumanizzazione di queste persone, è bene ricordarlo in gran parte afghane, rende ancora più inaccettabile ogni discorso pubblico sull'immigrazione e ogni intervento legislativo».
Nel documento l'Arci, riporta la nota, «racconta i fatti di base, quello che sappiamo per certo; fornisce una sintesi dell'esposto presentato dall'Arci insieme ad altri numerosi rappresentanti della società civile e l'indagine in corso; riassume la criminalizzazione di cinque dei superstiti, i cosiddetti “scafisti”, che fino ad oggi sono detenuti nelle carceri italiane; approfondisce le parti civili che si sono costituite, fra cui la Regione Calabria e il governo italiano, cosa a nostro avviso del tutto fuori luogo; porta all'attenzione del lettore la situazione e le rivendicazioni pratiche e politiche delle persone sopravvissute quella notte, così come dei familiari delle persone che non ce l'hanno fatta e riassume per ultimo, ma non in ordine di importanza, gli effetti del decreto-legge 50/2023, il cosiddetto “Decreto Cutro” che, oltre ad inasprire le pene per le persone di origine straniera che arrivano via mare non ha fatto null'altro che punire la popolazione straniera in Italia, impedendo a migliaia di persone di regolarizzare la loro posizione giuridica, aumentando la durata della detenzione amministrativa in sfregio dell'art.13 della Costituzione».
Emergency: «Non dovevano morire»
«Summer Love: così si chiamava il caicco che un anno fa è affondato di fronte alle coste calabresi di Steccato di Cutro. Trasportava circa 200 persone. Nel naufragio ne sono morte 94, 35 erano bambini e ragazzi. Il numero dei dispersi è rimasto imprecisato». Così Emergency, a un anno dalla strage di Cutro. «“Non dovevano partire”, disse qualcuno all’indomani del naufragio. Ignorando la sofferenza dei parenti e dei sopravvissuti, ignorando le ragioni della partenza, ignorando anni di fallimento delle politiche migratorie italiane e internazionali», si legge. «“Non dovevano morire”, diciamo noi. E per non continuare a far morire persone in cerca di una vita migliore, servono canali di accesso legali e sicuri in Europa e una missione di ricerca e soccorso coordinata a livello europeo», conclude la nota della Ong.