Li chiamiamo quando siamo in difficoltà, quando siamo disperati, li chiamiamo persino quando dimentichiamo le chiavi  di casa. I vigili del fuoco non dicono mai di no, sono sempre i primi ad arrivare. Rischiano la vita ogni giorno eppure non si tirano mai indietro. Vedono scene terribili. Padri e madri che perdono figli a causa di incidenti stradali, sono sempre messi a dura prova dalla natura, ma anche dal male che l’uomo genera. Fanno molto di più del loro dovere; il loro stipendio è immeritatamente di gran lunga inferiore rispetto a quello dei colleghi stranieri e nonostante questo non guardano mai l’orologio.  Abbracciano, asciugano lacrime, gioiscono quando salvano una vita, umana o animale che sia. Nell’ansia e nella paura il loro cuore batte insieme al tuo attraverso la speranza, ma in questo momento sono loro ad avere bisogno dell’affetto di tutti soprattutto i vigili del fuoco di Reggio Calabria che ieri hanno perso un giovane collega, un loro figlio, fratello e amico.

 

La morte di Antonino Candido, il 32enne originario della città dello Stretto deceduto insieme ad altri due colleghi in seguito all’incendio divampato in una cascina a Quargnento, in provincia di Alessandria, ha provocato molto dolore e sgomento in tutto il personale del comando provinciale. Nino, così lo chiamavano tutti, era «figlio d’arte». Suo padre Angelo infatti, era capo reparto in servizio al distaccamento aeroportuale. Nel 2006 aveva iniziato a svolgere servizio come volontario. L’assunzione due anni fa è stato per lui un sogno che si avverava: indossare la stessa divisa del padre. «Vigile del fuoco si diventa o si nasce, Nino è nato vigile del fuoco», ci dice l’architetto Clemente Corigliano, sommozzatore direttore coordinatore speciale del comando provinciale reggino, amico e collega del padre Angelo. «Era un ragazzo appassionato- ha dichiarato alla nostra testata- con grande desiderio di fare il vigile del fuoco: voleva seguire le orme del padre. Un ragazzo giovane, pieno di vita, con tanta voglia di crescere dentro al corpo nazionale. Il ricordo che abbiamo lui è proprio questo: voleva fare il vigile del fuoco». 

Commosso anche il ricordo di Nicola Tripodo, capo sezione del comando provinciale reggino, collega di lavoro di Angelo Candido a cui è legato da stima e affetto. «Non si può morire così. È assurdo- ha dichiarato. La notizia della sua morte ci ha scosso tremendamente e non ce la saremmo mai aspettata. Non ci sono parole per descrivere questo dolore, per descrivere la perdita di un figlio. Nino ci mancherà - ha sottolineato- e speriamo che la famiglia trovi la forza per andare avanti». 

C’è poi chi la gioia della famiglia Candido per la realizzazione del sogno di Nino l’ha vissuta da vicino. Come l’ispettore anti-incendi Raniero Venezia. «Con il padre abbiamo condiviso il momento più bello- ci racconta- ossia quando Nino ha superato l’ultima visita per entrare a far parte nella grande famiglia dei vigili del fuoco e sono stato anche io protagonista insieme a lui di quei momenti bellissimi che oggi però ricordo con grande amarezza». Nonostante il dolore però negli occhi e nel cuore di tutti i vigili del fuoco gli ideali e i principi non svaniscono. «Noi facciamo il lavoro più bello del mondo- ci dice con fierezza Venezia. Le emozioni che si provano a  salvare qualsiasi essere vivente ripaga di tutti i sacrifici che noi facciamo quotidianamente». L’ispettore Venezia, come tutti i vigili del fuoco reggini, si augura che «la magistratura faccia piena luce sulla vicenda. Ci sono delle indagini in corso e quindi dobbiamo attenderne la conclusione, ma spero che non vengano accertate responsabilità di altri». I rischi loro li mettono in conto. Ce li hanno cuciti addosso e convivono con la costante paura di non poter far più rientro a casa. Dietro la morte di Nino Candido e degli altri suoi due colleghi, Matteo Gastaldo e Marco Triches, però potrebbe delinearsi un quadro ancora più sconvolgente. La Procura di Alessandria infatti, ipotizza che la matrice dell’esplosione della cascina sia dolosa. All’interno dell’immobile sono stati trovati, collegati ad alcune bombole inesplose, dei fili elettrici e una scatoletta che potrebbe essere un timer. Se qualcuno ha piazzato lì questo meccanismo di morte non ha messo in conto, sbagliando, che loro, i vigili del fuoco, sarebbero stati coinvolti. Ma loro c’erano come sempre e adesso Reggio Calabria e l’Italia intera piangono tre figli i quali erano andati lì per soccorre, aiutare e salvare chiunque fosse stato in pericolo

 

LEGGI ANCHE: