Uno strazio. Un dolore rimasto immutato. Sempre vivo. È quello dei familiari di Sissy Trovato Mazza, l’agente di Polizia penitenziaria trovata in fin di vita l’1 novembre 2016 a seguito di un colpo di pistola mentre era in servizio all’ospedale di Venezia e morta pochi giorni fa dopo oltre due anni di agonia. Pochi mesi prima della tragedia la redazione de Le Iene era stata a casa di Sissy, nella sua Taurianova (QUI la puntata), dove la giovane era tornata lo scorso luglio assistita dall’amore dei suoi familiari che fin dal primo giorno si sono battuti per ottenere verità e giustizia. Sì, perché loro all’ipotesi del suicidio non hanno mai creduto. Sissy non aveva alcun motivo per togliersi la vita.



«Quanto mi manca», afferma ai microfoni de Le Iene il padre intervistato da Nina Palmieri. «Dicevano che Sissy si era suicidata», racconta ancora papà Salvatore mentre la madre non vuole neppure sentire pronunciare quella parola.

«Da qualche tempo Sissy aveva scoperto delle cose strane» - racconta il padre. L’agente lavorava da sette anni nel carcere femminile della Giudecca di Venezia. Durante l’estate 2016 Sissy aveva segnalato ai suoi superiori fatti gravi: avrebbe dichiarato che all’interno del carcere arrivava droga dalla lavanderia. «Aveva anche visto effusioni sessuali fra una sua collega e una detenuta». Ma queste segnalazioni portarono paradossalmente a dei richiami disciplinari nei suoi confronti.

 

A maggio 2018 la procura ha chiesto l’archiviazione del caso come tentato suicidio. Ma la famiglia si è opposta. Verrà ascoltata. L’inchiesta viene riaperta e il gip di Venezia dispone nuove indagini. Risposte si attendono entro marzo. 

 

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