Per i giudici non ci sono prove di un intervento del politico che mirasse a bloccare i progetti di un’altra struttura ricettiva per favorire Renda: «Non ha ricevuto vantaggi economici né ottenuto assunzioni in cambio del presunto aiuto»
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Assenza di un patto corruttivo. È questa, in estrema sintesi, la conclusione a cui sono giunti i giudici del Tribunale di Vibo Valentia che il 29 marzo scorso hanno assolto l'ex sindaco di Pizzo Gianluca Callipo e l'imprenditore Vincenzo Alberto Renda. I due non si sono accordati per fare in modo che Rende ottenesse per sé l’area demaniale situata in località Savelli, riservata a un altro imprenditore, né il sindaco avrebbe avuto vantaggi economici per il proprio operato.
Il Tribunale ha smontato così le accuse di tentata concussione, corruzione e abuso d’ufficio (tre le ipotesi prospettate dall’accusa per questo reato) formulate dalla Procura di Vibo Valentia nei confronti dell’ex primo cittadino, dell’imprenditore e dei dirigenti comunali Nicola Domenico Donato e Nicola Salvatore Vasta. Ora, le motivazioni della sentenza, giunta al termine del processo “Spiaggia pulita”, consentono di fare piena luce sulle argomentazioni dei giudici. L'inchiesta era scaturita dalle denunce di un altro imprenditore, Eugenio Russo, considerato dai pm persona offesa, che si riteneva vittima di un sopruso discendente proprio da un accordo tra il primo cittadino e l’imprenditore concorrente.
In realtà l’impossibilità, per Russo, di costruire il proprio lido, non sarebbe derivata da una trama ordita dal sindaco assieme all’imprenditore, bensì dal fatto che i piani per la realizzazione della struttura non fossero allineati alla normativa.
«Nessun pactum sceleris tra Callipo e Renda»
Secondo il collegio composto da Gianfranco Grillone, presidente, Luca Bertola e Rossella Maiorana a latere, non si ravvisa dunque il pactum sceleris tra Callipo e l’imprenditore Renda. L’ipotetico accordo sarebbe consistito nell’aver elargito Renda «utilità al sindaco Gianluca Callipo al fine di ottenere da quest’ultimo il godimento, anche senza alcun titolo abilitativo, di una porzione di spiaggia sita in Pizzo posta di fronte alla struttura turistica “Galia Resort”», porzione di spiaggia che sarebbe stata oggetto della concessione demaniale di cui era titolare l’imprenditore denunciante.
Secondo i giudici, dal processo «non è emersa la prova che tra gli imputati Callipo e Renda fosse intervenuto un patto corruttivo volto a far ottenere al Renda il godimento di un’area demaniale, oggetto già di concessione del Russo, in cambio di diverse utilità date al sindaco Callipo, affinché quest’ultimo potesse indirizzare l’operato dei dirigenti comunali a non evadere le istanze presentate dal Russo o addirittura a togliergli la concessione, per poi darla al Renda».
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