Tutta la comunità è ancora sotto shock per la tragedia del piccolo ritrovato senza vita in uno zaino tra gli scogli: «La ragazza aveva fatto una visita ginecologica ma la madre negava tutto»
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«Vedevo spesso la madre con le due figlie passeggiare in giro per Villa anche durante l’orario scolastico. Quando ho chiesto spiegazioni anche sulle condizioni fisiche della ragazza, però, mi è stato negato tutto». Parla così una residente di Villa San Giovanni che ricorda la ragazza 13enne, giovanissima madre del neonato ritrovato morto domenica mattina in uno zaino tra gli scogli.
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Eppure la gravidanza della giovane era evidente soprattutto negli ultimi giorni. Tanto da dover prenotare «una visita ginecologica all’Asp di Villa. Ma anche dopo la visita la madre negava tutto parlando di una visita ortopedica».
Una storia tragica fatta di silenzi e probabilmente abusi terminata nel peggiore dei modi. Sono solo i racconti sparsi di chi, solo dopo aver appreso la tragica notizia domenica mattina, ha ricollegato le fila.
«Avevo notato la ragazza sofferente sabato mattina. Solo ora capisco che poteva essere iniziato il travaglio o peggio ancora». Tra le macabre ipotesi, considerando che la gravidanza si è interrotta poco prima del termine a circa 8 mesi, si rincorre anche il sospetto che sia stata indotta farmacologicamente.
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Tutte le ipotesi sono al vaglio. Rimane lo sconcerto della comunità: «Ho visto la ragazza lunedì mattina. Era pallida e barcollava. E immediatamente mi ha assalito il dubbio che potesse essere lei. La madre raccontava a tutti di averla portata in ospedale dove le avevano fatto due punture di bentlan e solo per questo era “sgonfiata”. Quello che è successo nelle ore successive ha confermato quell’atroce sospetto».
Continuano intanto serrate le indagini su un dramma che conta non una, ma due vittime: il bimbo nello zainetto e la sua mamma. Parliamo di poco più di una bimba, tra le altre cose con un deficit cognitivo. Ci dovrebbe essere silenzio e una rete di protezione che l’intera comunità dovrebbe fare per una piccola che ha subito un’atrocità indescrivibile. Segni che probabilmente rimarranno nel tempo e noi siamo tutti responsabili. Adesso è necessario attendere che gli inquirenti compongano e incasellino gli ultimi tasselli di questo macabro puzzle. Intanto interrogativi pesanti come macigni riecheggiano in ogni casa. Ma questa ragazzina non andava a scuola? Come è possibile che docenti, compagni, assistenti sociali, medici e chiunque abbia un ruolo non si sia accorto della gravità della situazione? Una piccola donna ferita dovrà ora fare i conti con tutto quest’orrore. Ora la comunità deve unirsi per tutelare una sua figlia che se non è stata tutelata prima deve almeno essere protetta ora. Protetta dai giudizi, dalla morbosità e dalla cattiveria umana che non le è stata risparmiata fino ad oggi.