Almeno tre volte su e giù con l'ascensore, con la piccola Sofia in braccio, coperta dal giubbino nero. Questo si evincerebbe dalle telecamere di videosorveglianza della clinica Sacro Cuore di Cosenza, che hanno immortalato i momenti antecedenti alla fuga di Rosa Vespa verso la sua abitazione di Castrolibero. Voleva forse tornare sui propri passi? Questo è uno dei dettagli emersi dagli accertamenti investigativi. Ma non è il solo.

Durante l'interrogatorio di garanzia, la donna ha chiesto scusa per il rapimento della piccola Sofia, dichiarando: «Non avrei mai fatto nulla di male». Rosa Vespa, sebbene avesse dichiarato subito dopo l'arresto di aver perso una gravidanza nel 2023, davanti al gip ha chiarito anche questo punto: «Non è vero che fossi incinta». Insomma, una serie di bugie. Una catena che rende questa donna, probabilmente, vittima di se stessa. Di un mondo irreale in cui viveva la gravidanza come unica ragione di vita, facendo credere a familiari e amici che l’8 gennaio 2025 avesse dato alla luce il piccolo "Ansel".

Il "film" di Rosa Vespa è durato nove mesi. È crollato quando i parenti e Omogo Moses si sono accorti che, dopo aver cambiato la tutina rosa con una di colore azzurro, quel "neonato" era in realtà una neonata. In questi nove mesi, Rosa Vespa si è comportata in modo apparentemente normale. Nessuno immaginava che stesse fingendo. Anzi, chi frequentava il palazzo per motivi familiari e professionali chiedeva spesso notizie sullo stato avanzato della sua gravidanza. Una situazione che le è sfuggita di mano, come ha raccontato al gip Claudia Pingitore e al pm Antonio Bruno Tridico.

Dal 7 al 10 gennaio ha vissuto all’hotel Royal di Cosenza, la struttura alberghiera più vicina alla clinica Sacro Cuore. Dopo essere tornata a casa, "dimessa" a seguito del Covid, simulava di tirarsi il latte alla presenza dell’anziana madre. Tutto era congeniale al suo piano. Non poteva fare un passo indietro, ma era costretta ad alimentare quella bugia che oggi la crocifigge. Un comportamento che, in realtà, cela un profondo disagio psichico.

In uno Stato di diritto, spetta all’autorità giudiziaria stabilire se Rosa Vespa fosse pienamente consapevole di quanto stesse facendo. Tutti, compresi i genitori della piccola Sofia, hanno diritto a un giudizio equo e garantito. Lasciamo, almeno per una volta, da parte il populismo giudiziario. L'avvocato Teresa Gallucci ha chiesto che Rosa Vespa venga seguita da un medico psichiatra.