Assunzioni sponsorizzate dai mafiosi in diverse ditte e aziende di Vibo, presunte liti fra esponenti politici con minacce di coltellate, raccolta di voti e soldi prestati ad usura anche ad un ex sindaco ed altro politico di primo piano.

Questo, almeno, secondo Bartolomeo Arena che ha raccontato varie vicende nel corso della sua seconda deposizione nel maxiprocesso Rinascita Scott,  chiamando in causa l’avvocato Vincenzo Renda, Pietro Giamborino e Gianfranco Ferrante, tutti imputati (fra rito ordinario e abbreviato). Ma non solo.

Rispondendo alle domande del pm della Dda di Catanzaro, Andrea Mancuso, il collaboratore ha spiegato: «Carmelina Genco è la madre dell’avvocato Vincenzo Renda. Lei aveva i pullman e il figlio gestiva l’Eurospin a Vibo e un villaggio turistico. Gestiva però tutto l’avvocato Renda che un giorno siamo andati a trovare con Domenico Camillò per sponsorizzare l’assunzione di mio cugino Giuseppe Camillò all’Eurospin. Renda ci disse che di lì a breve ci avrebbe fatto sapere ed avrebbe sistemato la questione. Passando però del tempo e non succedendo niente – ha spiegato Bartolomeo Arena – abbiamo fatto un danneggiamento alle serrande. A sparare sono stati Domenico Catania e Domenico Camilllò con una pistola che gli ho fornito io. Dopo tale sparatoria sono intervenuti diversi soggetti in favore di Renda. Saverio Razionale di San Gregorio d’Ippona ha contattato Salvatore Mantella dicendogli che l’Eurospin interessava a Luigi Mancuso. Salvatore Mantella contattò a sua volta Antonio Macrì che era il contabile del nuovo locale di ‘ndrangheta di Vibo Valentia. Luigi Mancuso aveva dal canto suo interessato anche Enzo Barba affinchè l’Eurospin non venisse toccato. In altra occasione, invece, – ha aggiunto il collaboratore – sull’Eurospin è intervenuto Andrea Mantella attraverso Gianfranco Ferrante per favorire alcune assunzioni. Sono stati così assunti all’Eurospin – ha dichiarato Bartolomeo Arena – le seguenti persone: Michele Manco, Rossana Morgese, Damiano Pardea, Domenico Lo Bianco e la moglie di Salvatore Morelli».

I Giamborino e l’assunzione di Camillò

Il collaboratore – rispondendo sempre alle domande del pm – è passato quindi a trattare alcune figure di Piscopio. «Giovanni Giamborino è il figlio di Fiore Giamborino, quest’ultimo amico di mio nonno. Non conosco personalmente Giovanni Giamborino ma so che lo stesso aveva un noleggio taxi a Roma e sempre a Roma ha fatto da autista a Saverio Razionale. Stava poi realizzando un edificio a Vibo, anche con i soldi di Razionale, vicino al Cin Cin bar. Fiore Giamborino era un esponente apicale della società di ‘ndrangheta di Piscopio negli anni ’80, società diretta da Francesco D’Angelo, detto Ciccio Ammaculata, e nella quale oltre a Fiore Giamborino c’era anche suo fratello, ovvero il padre del politico Pietro Giamborino. Lo stesso Pietro Giamborino – ha spiegato il collaboratore – era affiliato alla consorteria di Piscopio e ciò me l’ha detto mio zio Domenico Camillò. Affiliati nel vecchio locale di ‘ndrangheta di Piscopio erano anche Antonio Cutrullà, Domenico La Bella, detto Mico Revolver, Antonio Lo Giudice, Pino Fiorillo. Tuttavia a Piscopio negli anni ’80 c’erano due articolazioni e tali soggetti non andavano d’accordo con altra articolazione dove c’era Mario Fiorillo, detto Pelle. Le ostilità fra le due articolazioni di Piscopio finirono con l’omicidio di Michele Carnovale. Alcuni Piscopisani – come Peppe Cirianni e Piperno, detto Tanguni – si legarono quindi ai Mancuso, un altro gruppo che ricomprendeva i Giamborino si legò invece ai Fiarè ed ai sangregoresi».

L’assunzione in un Camillò “sponsorizzato” da Giamborino

Bartolomeo Arena e lo zio Domenico Camillò (cl. ’41) si sarebbero quindi recati in un’occasione a trovare Pietro Giamborino. «Il politico Pietro Giamborino siamo andati con mio zio Domenico Camillò nel suo ufficio in piazza Morelli a Vibo. Siamo andati per chiedere una sistemazione in favore di Michele Camillò, mio cugino, in una ditta di porte blindate a Vena di Ionadi. Pietro Giamborino – ha dichiarato Bartolomeo Arena – l’ha poi sistemato nell’azienda Arena-Lo Gatto che costruiscono porte blindate».

Il comizio a Vibo e la lite Giamborino-Basile

Secondo Bartolomeo Arena, in occasione della prima elezione di Pietro Giamborino (ma il collaboratore non ha specificato di quale competizione elettorale si trattasse) «tutte le consorterie mafiose della provincia di Vibo gli hanno raccolto i voti ed era sostenuto da tutti. Pietro Giamborino si mise a disposizione anche dei componenti del nuovo locale di ‘ndrangheta di Piscopio formato nel 2010, cioè i vari Battaglia e Fiorillo. Ricordo – ha aggiunto il collaboratore – che una volta si tenne un comizio in piazza Municipio a Vibo e in questa occasione Pietro Giamborino litigò con il politico Basile, detto Micantoni Basile. Giamborino, che era uomo d’onore a tutti gli effetti essendo stato affiliato, nell’occasione minacciò di prendere Basile a coltellate davanti a tutti».

Gianfranco Ferrante e i soldi prestati ad usura a due politici

Zio acquisito di Bartolomeo Arena (che ha avuto un figlio da una nipote di Gianfranco Ferrante), l’imprenditore Gianfranco Ferrante – al pari di Mantella e Moscato – viene indicato dal collaboratore come strettamente collegato a Luigi Mancuso che «andava a trovare anche quando Mancuso aveva rotto la sorveglianza ed era latitante. Ferrante era legatissimo a Damiano Vallelunga di Serra San Bruno, uno dei personaggi più influenti dell’intera ‘ndrangheta vibonese, ed anche a Pantaleone Mancuso, detto Vetrinetta. Gianfranco Ferrante si occupava di truffe di vario genere – ha aggiunto Arena – ma soprattutto prestava soldi ad usura. Fra i soldi prestati ad usura, anche quelli dati a Salvatore Bulzomì ed al sindaco D’Agostino».