La ragione della sua condanna a morte, senza possibilità di appello, era stata il tradimento. Un atto necessario per scorgere una possibilità di vita e di felicità oltre quel matrimonio per lei precoce. Oltre quell’unione con Pietrovent’anni più grande e con un cognome pesante come un macigno. Questa è la storia di Angela Costantino, moglie di Pietro Lo Giudice.

Per una giovane donna finita nelle maglie asfissianti di una famiglia di ‘ndrangheta non c’è spazio per il desiderio di amore e libertà, per il sogno di una vita nuova. Nessuno sconto anche quando in quelle maglie la donna resta intrappolata all’età di 16 anni. Troppo giovane per potere anche solo immaginare certe soglie estreme del male. Soglie che la famiglia Lo Giudice di Reggio Calabria non ha esitato a oltrepassare al momento di uccidere Angela, quando di anni ne aveva 25.

Mentre Pietro Lo Giudice era carcere, lei si era concessa di innamorarsi di un altro uomo. “Aveva osato” scegliere un altro uomo dal quale essere finalmente amata. Ma ad essere tradito era un Lo Giudice per questo ciò non le era permesso e infatti non le fu consentito.

Prima le imposizioni, i controlli e le violenze, poi il trasferimento da Arangea al pian terreno di via XXV luglio, dove circondata da altri Lo Giudice, Angela sarebbe stata tenuta d’occhio. Fino a quel 16 marzo 1994 quando è stata fatta sparire, inscenando un allontanamento volontario e una condizione depressiva che l’avrebbe resa capace di togliersi la vita e di lasciare quattro figli piccoli.

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