Al centro della deposizione dell'ex killer le dinamiche criminali che avevano come protagoniste le cosche Bonavota e Anello
Tutti gli articoli di Cronaca
PHOTO
«Sono orgogliosamente un collaboratore di giustizia e prendo le distanze da tutti i clan». Parola di Andrea Mantella che, nel corso dell’esame nel processo Imponimento, si è addentrato anche sui traffici di armi e droga. Rispondendo alle domande dei pm della Dda di Catanzaro, Chiara Bonfadini e Antonio De Bernardo, dinanzi al Tribunale collegiale di Lamezia Terme il collaboratore di giustizia di Vibo Valentia ha puntato l’indice contro diversi presunti esponenti dei clan Anello di Filadelfia e Bonavota di Sant’Onofrio.
Le armi dei clan
«Pasquale Bonavota di Sant’Onofrio, ma che dimorava a Roma, trafficava armi e stupefacenti anche con gli Anello. In particolare, ad occuparsi nei primi anni duemila degli stupefacenti per conto del clan Anello erano i fratelli Rocco e Tommaso Anello (in foto), mentre per il clan Bonavota erano Pasquale Bonavota e Salvatore Arone, zio di Pasquale. I soldi per il traffico di droga venivano messi da entrambi i clan e pure io – ha spiegato Mantella – in un’occasione ho partecipato mettendo cinquantamila euro. I traffici erano periodici. La cocaina veniva acquistata in Bolivia e Perù e sbarcava poi nel porto di Genova grazie all’appoggio di Onofrio Garcea, cugino dei Bonavota. Vi erano stretti contatti per il traffico di droga con i clan Morabito e Palamara di Africo e Rocco Anello aveva delle particolari doti di ‘ndrangheta che gli erano state conferite dai Morabito. I soldi per il traffico di droga venivano consegnati da Vincenzino Fruci ad Onofrio Garcea e la nostra base operativa – ha continuato il collaboratore – era costituita da un casale di Nicola Bonavota dove il mangiare ci arrivava direttamente dal ristorante Il Mocambo».
Il traffico di droga
Una volta giunta in Italia la cocaina acquistata dai clan Anello e Bonavota, secondo Mantella «veniva rivenduta sia ai reggini che ai siciliani. Veniva spacciata dagli Anello pure a Lamezia, a Soverato ed a Catanzaro. Dello spaccio al dettaglio se ne occupavano gli scagnozzi di Vincenzino Fruci. In altra occasione – ha aggiunto il collaboratore –fra il 2003 ed il 2005 ho invece assistito nel piazzale di un’autosalone alla consegna di pacchi di cocaina ai Fruci da parte di Francesco Fortuna. Si tratta dello stesso autosalone contro il quale in precedenza gli Anello hanno fatto diversi danneggiamenti. Fra il 2004 ed il 2005, invece, sono stato io – ha ricordato Mantella – a portare a Vincenzino Fruci della cocaina che lui doveva regalare ad un avvocato di Catanzaro che doveva fare dei festini.
Alcune volte i tossicodipendenti per pagare gli spacciatori cedevano argenteria e monili d’oro. L’oro veniva poi fuso in lingotti che venivano spediti in Svizzera. Anche i figli di Rocco e Tommaso Anello – ha aggiunto il collaboratore – spacciavano cocaina. A loro volta, gli Anello hanno lavorato pure con l’eroina, che veniva trattata da Vincenzino Fruci e Francesco Michienzi. Pure i Bonavota hanno acquistato eroina dagli Anello».
Nella zona fra Filadelfia ed Acconia, inoltre, ad avviso di Andrea Mantella, gli Anello sarebbero diventati dei veri e propri produttori di marijuana coltivando delle piantagioni «che curavano Giuseppe e Vincenzino Fruci, ed anche Francesco Michienzi».
Continua a leggere su IlVibonese