Il provvedimento approvato alla Camera dei deputati vieta di pubblicare gli atti degli arresti. Ruotolo: «Questa è censura». I giornalisti lombardi: «Si agevola il ricorso a fonti inattendibili»
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Vietato informare l’opinione pubblica sui motivi per i quali un indagato finisce in carcere, ai domiciliari, all’obbligo di dimora o è destinatario di altra misura cautelare da parte di un gip. La Camera dei deputati ha approvato l’emendamento del deputato Enrico Costa (Azione) alla legge di delegazione europea che introduce il divieto di pubblicazione “integrale o per estratto” del testo di qualunque ordinanza di custodia cautelare. Spariscono per legge le inchieste giudiziarie e il loro contenuto, almeno fino allo step dell’udienza preliminare.
‘Ndrangheta stragista, Rinascita Scott, Reset: tante le inchieste silenziate
Pensiamo a ‘Ndrangheta stragista: il lavoro investigativo del procuratore aggiunto della Dda di Catanzaro Giuseppe Lombardo sarebbe stato silenziato per mesi. E l’opinione pubblica non avrebbe conosciuto le tracce investigative che raccontano i rapporti tra clan calabresi e siciliani, i legami oscuri attorno alle stragi di mafia e le imbarazzanti connessioni tra settori criminali e politici. Altro esempio: Rinascita Scott, blitz scattato nel dicembre 2020. Se la norma voluta ieri dal deputato Costa (Azione), dai renziani e dalla maggioranza di centrodestra fosse già stata in vigore, i calabresi avrebbero potuto conoscere unicamente i nomi degli arrestati ma non i fatti loro contestati. E questo sino a giugno del 2020 quando sono state chiuse le indagini preliminari da parte della Procura. E così per le altre maxi inchieste nel Vibonese. Sarebbero state “silenziate” per legge le accuse rivolte a dirigenti dell’Asp di Vibo, ad avvocati, commercialisti, imprenditori e politici così come agli esponenti dei clan di Tropea, Mileto, Vibo Valentia, Briatico, Limbadi, Parghelia, Nicotera e San Calogero. Meno che meno i cittadini avrebbero letto di quanto contenuto nelle ordinanze di custodia cautelare in ordine alle ingerenze della criminalità organizzata sull’Asp così come in diversi Comuni del Vibonese. Tutto rinviato, con una grave lesione del diritto di cronaca e, soprattutto, di quello dei cittadini a essere informati.
Nel Cosentino, sarebbero passati sotto silenzio per mesi i contenuti dell’inchiesta Reset, che ha illuminato gli angoli bui dell’infiltrazione economica dei clan nelle attività commerciali ed evidenziato compromettenti legami tra colletti bianchi, politici e presunti ‘ndranghetisti. L’elenco potrebbe continuare a lungo.
Ruotolo (Pd): «Questa è censura, da oggi siamo meno liberi»
L’esito della manovra politica, però, è chiaro. Ed è riassunto bene da Sandro Ruotolo, storico inviato Rai, oggi responsabile del Partito democratico per l’informazione. «Da oggi siamo meno liberi – dice –. Con l'approvazione alla Camera della legge cosiddetta bavaglio, l'informazione nel nostro Paese è meno libera. La maggioranza più di destra che il nostro Paese abbia conosciuto dal dopoguerra ha deciso che la cronaca giudiziaria non va raccontata all'opinione pubblica. È vero, i processi non si fanno nelle piazze, ma nei tribunali. Ma decidere di vietare la pubblicazione degli integrali o degli stralci delle ordinanze cautelari fino alla conclusione delle indagini preliminari o all'udienza preliminare significa negare all'opinione pubblica il diritto di essere informata su temi come la lotta alla corruzione e la lotta alla mafia. I tempi del processo penale sono lunghi. La conclusione delle indagini preliminari può voler dire anche un anno, un anno e mezzo dal giorno dell'arresto. Fatti di interesse pubblico, una volta licenziata la legge, saranno così negati all'opinione pubblica. Conosceremo le malefatte dei colletti bianchi solo attraverso comunicati ufficiali: questa si chiama censura».
L’Odg della Lombardia: «Così si agevola il ricorso a fonti meno affidabili»
Un commento preoccupato arriva anche dall’Ordine dei giornalisti della Lombardia, che parla di «provvedimento triste e controproducente. Nel senso che rende più difficile raggiungere gli obiettivi che si propone. La nuova formulazione dell'articolo 114 del Codice di procedura penale, approvata dalla Camera, nega il principio di presunzione di innocenza e mette in difficoltà la possibilità di fare giornalismo corretto». Il Consiglio lombardo considera il provvedimento «l’ennesima legge bavaglio che otterrà risultati opposti a quelli che si propone. È molto triste, infatti, che sia la segretezza delle decisioni delle Procure - uno dei poteri più incisivi, perché può limitare la libertà personale - a essere chiamata a tutelare un principio di grande civiltà giuridica, che richiede invece di essere portato fuori delle aule dei tribunali, ma nell'assoluta trasparenza delle decisioni prese dalla magistratura e delle loro motivazioni - si legge nel comunicato -. Soprattutto la norma, che non può certo comprimere il diritto di informare sui fatti, tutelato dall'intero ordinamento giuridico in varie forme, rende più difficile attingere le informazioni a fonti affidabili, aprendo la porta invece alle fonti più spregiudicate, interessate a dare una versione solo frammentaria di quanto sta accadendo, senza che i giornalisti abbiano la possibilità - dall'analisi degli atti giuridici nella loro interezza - di farsi un quadro preciso di quanto stia accadendo».