Secondo i giudici, i suoi legali avevano presentato la richiesta di rimessione in termini di decadenza previsti dal codice oltre i canonici 10 giorni
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Non ci sarà nessuna rimessione in termini per il boss Giuseppe Graviano. È quanto ha deciso la Corte d’Assise d’Appello di Reggio Calabria nel processo “’Ndrangheta stragista”. Dopo circa un’ora e mezza di camera di consiglio, il presidente Bruno Muscolo ha messo in chiaro come, di fatto, Graviano non abbia presentato l’istanza relativa entro i termini decadenziali previsti dal codice, ossia 10 giorni da quando cessa il caso fortuito o la forza maggiore che ha determinato l’impossibilità, in questo caso, di leggere le motivazioni della sentenza di primo grado.
Ebbene, avendo il legale di Graviano presentato tale istanza solo il 6 luglio scorso, nel corso della prima udienza del grado d’Appello, ed essendo cessato il motivo fondante di tale impossibilità il 22 giugno 2021.
Anche quanto ai file delle intercettazioni, non risultano elementi di novità. Motivo per il quale, la Corte d’Assise d’Appello ha rigettato l’istanza.
Sono state accolti, dunque, i rilievi del procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo che si era opposto alla rimessione in termini di Graviano.
Il processo potrà ora proseguire, così come sta avvenendo in questi minuti, con la lettura della relazione introduttiva da parte del giudice a latere, dottoressa Giuliana Campagna.
Come si ricorderà, il processo “’Ndrangheta stragista” ha visto la condanna all’ergastolo, in primo grado, di Graviano e Filippone quali mandati degli omicidi dei carabinieri Fava e Garofalo e del tentato omicidio di altri carabinieri, perpetrati a cavallo tra il 1993 e il 1994, quale momento della strategia stragista della mafia, cui la ‘Ndrangheta partecipò attivamente.