Gli avvocati Vianelli e Aloisio invocano l'assoluzione del boss di Cosa Nostra: «Procedimento viziato. Emersa solo un'affascinante cortina fumogena dalle dichiarazioni dei pentiti»
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«Procedimento viziato». Partendo da questa convinzione l’avvocato Federico Vianelli difensore dell’imputato Giuseppe Graviano, alla sbarra insieme al Rocco Santo Filippone nel processo ‘Ndrangheta stragista in corso alla Corte d’Appello di Reggio Calabria, ha chiesto l’assoluzione piena.
Gli imputati sono accusati di essere stati i mandanti del duplice omicidio dei carabinieri Antonino Fava e Vincenzo Garofalo, uccisi il 18 gennaio 1994 sull'autostrada, all'altezza dello svincolo di Scilla.
Nel farlo, dopo aver dato spazio alle dichiarazioni spontanee dell’imputato, l’avvocato ha fatto riferimento agli «audio che non sono mai stati messi a disposizione di Graviano e della sua difesa. Quella parte del procedimento è viziata. Questi non sono formalismi. Non è stata data la possibilità di esaminare la mole di materiale prodotta. Lo ha detto la stessa Procura che si è fatto di tutto ma gli audio non sono arrivati».
Tanti i cavilli elencati in punta di diritto dall’avvocato che ha concluso la sua arringa rivolgendosi alla corte: «Dobbiamo ristabilire la verità ma nel rispetto delle regole perchè se il primo a violarle è lo Stato non ha più senso».
I pentiti
E riferendosi ai pentiti, l’avvocato non ha esitato: «Qui non vi sono elementi seri di prova ma una cortina fumogena affascinante per carità ma sono solo coincidenze che non possono però portare a una condanna».
Ma in un passaggio la difesa ha richiamato i tanti nomi, politici e non solo, che nell’arco di tutto il processo sono stati tirati in ballo: «È vero che sono invisibili ma dove sono gli altri imputati? Questo processo sconta un vizio di fondo, una spasmodica ricerca di qualcosa che non c’è e per questo chiediamo l’assoluzione piena».
La difesa
È toccato poi all’avvocato Giuseppe Aloisio concludere la difesa di Graviano. E lui stesso ha confermato come «il cuore pulsante di questo processo sono i collaboratori: Villani e Lo Giudice. Dobbiamo solo capire se questi possono essere considerati credibili o meno».
E per tutta la lunga e articolata arringa l’avvocato non ha fatto altro che elencare alla Corte elementi che minassero la credibilità dei collaboratori: «Ma è mai possibile che altri pentiti siciliani come Brusca non hanno mai parlato di una collaborazione dei calabresi nella strategia stragista? La cosa strana è che i collaboratori calabresi dicono alla Procura che l’ambasciatore di Riina rispetto a questa ipotesi stragista in Calabria era Brusca Giovanni».
Ed è nuovamente Bruzzese ad essere descritto come «non è credibile perché quando parla dell’incontro di Craxi e Berlusconi, lo colloca a livello temporale tra il rapimento di Moro e la morte spostando in avanti le date».