Verso la fase conclusiva il processo che si sta celebrando in Corte d'Appello a Reggio Calabria: «Non siamo attrezzati per fare miracoli e trovare elementi di 40 anni fa ma riteniamo di aver dimostrato che certe figure politiche e incontri non sono stati casuali»
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«Non abbiamo avuto la possibilità di scrivere la storia in una pagina bianca. L’abbiamo dovuta ripulire perché la verità non può essere scritta in un foglio sporco». Queste le parole del procuratore Giuseppe Lombardo che ha appena aperto, con la sua requisitoria, l’inizio della fase conclusiva del processo ‘Ndrangheta stragista che si sta celebrando in Corte d’Appello a Reggio Calabria.
Prima di lasciare la parola al pm Walter Ignazzitto, Lombardo ha voluto introdurre quelli che rappresenteranno gli step principali di un racconto che vuole far luce sul periodo più buio della nazione, quello della stagione stragista. «Non siamo attrezzati per fare miracoli e trovare elementi di 40 anni fa – ha ammesso Lombardo – Noi riteniamo di avere integrato ricostruzioni già esistenti per dimostrare che certe figure politiche e incontri non sono stati casuali. Le tante coincidenze diventano prove attraverso un lavoro durato 10 anni».
Un lavoro reso possibile grazie a chi ha deciso di collaborare con la giustizia: «Io ringrazio chi ha il coraggio di parlare – ha detto Lombardo – perché questa è la nazione dei silenzi. Le conferme sono arrivate da soggetti che hanno parlato prima che si immaginasse la possibilità di riferire che ‘ndrangheta potesse supportare l’azione violenta consumata nella stagione stragista. Hanno parlato prima».
Una ricostruzione che sarà lunga e articolata e che ripercorre anni di carte, prove, testimonianze e udienze. E che vuole ricostruire dinamiche e strategie che hanno portato alle stragi «attraverso un disegno unitario di Cosa nostra e ‘ndrangheta».