Nove unità immobiliari, a Roma e Torre Boldone (Bergamo), 14 lingotti d’oro del peso complessivo di circa 5 chili, 4 automezzi e disponibilità finanziarie. Hanno un valore complessivo di oltre 2 milioni di euro i beni sequestrati dai finanzieri del Comando provinciale di Roma a imprenditori contigui al clan di ‘ndrangheta Mancuso di Limbadi (Vibo Valentia). Il provvedimento, emesso dal Tribunale capitolino su richiesta della Direzione distrettuale antimafia della procura di Roma, nasce dall’approfondimento del curriculum criminale e della posizione patrimoniale di Luigi Ferruccio Bevilacqua (morto a 70 anni nel 2018), arrestato dalle Fiamme Gialle nel 2015, nell’ambito dell’operazione “Hydra”, per i reati di usura, intestazione fittizia di beni ed esercizio abusivo dell’attività finanziaria.

 

Nel 2009, Bevilacqua – definito da alcuni collaboratori di giustizia come “colletto bianco”, usuraio e riciclatore vicino alla cosca Mancuso – aveva deciso di trasferirsi dalla Calabria a Roma per scontare la misura dell’obbligo di dimora ma aveva mantenuto i rapporti con la terra d’origine e proseguito le attività illecite per le quali è stato poi arrestato. Emblematico il contenuto di alcune intercettazioni: «… siamo sempre vicini, siamo sempre una famiglia… questo non c’è dubbio…».

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I proventi venivano reinvestiti in bar, ristoranti, pescherie e rivendite di orologi, tutti nella zona di piazza Bologna, sequestrati nel corso della operazione in questione nonostante la loro reale titolarità fosse stata schermata utilizzando prestanome. Le successive indagini svolte dagli specialisti del Gico del Nucleo di polizia economico-finanziaria nell’ambito dell’operazione “Mago” hanno consentito di ricostruire le ricchezze illecitamente accumulate nel tempo e dimostrare la loro notevole sproporzione rispetto ai redditi dichiarati.