"A Torino? Più omertosi che a Locri". A dichiararlo è il procuratore capo di Torino Armano Spataro in riferimento all'operazione 'Big Bang' che, ieri ha portato in carcere venti persone, sgominando così uno dei clan di 'ndrangheta più attivi in Piemonte. Le accuse vanno dall’associazione di stampo mafioso, all’estorsione, al possesso di armi e commercio di sostanze stupefacenti. L'inchiesta - hanno spiegato gli inquirenti - non è stata facile perché nessuna delle vittime si è presentata spontaneamente a denunciare le estorsioni. "Il nostro auspicio – afferma Spataro, dopo aver autorizzato la diffusione dei filmati dell’inchiesta - è che altre vittime di questi odiosi atti minatori trovino la forza di denunciare". "Questa non era una mafia silente - ha detto il colonnello Domenico Mascoli, comandante del nucleo investigativo - ma una criminalità aggressiva che considerava totalmente sua la città di Torino".


I "padrini di Torino" erano loro, i fratelli Adolfo e Aldo Cosimo Crea. Tutto ruotava attorno a loro. Violenti e senza scrupoli, i fratelli Crea, originari di Stilo, giungono a Torino nel 2001. Iniziano fin da subito una scalata criminale che, in pochi anni, li farà diventare davvero i padroni di Torino. Arrestati nel giugno del 2011 nel quadro dell'operazione Minotauro, Aldo Cosimo Crea è tornato libero nel febbraio del 2014, Adolfo Crea nel giugno del 2015. "Lo sapete no, a Torino comandiamo noi" dicevano agli imprenditori, incassando fino all'ultimo centesimo. E per chi non pagava botte, schiaffi, minacce di morte. “La prossima volta mettiamo la tua testa”, era scritto nel bigliettino che accompagnava una testa di maiale mozzata, fatta arrivare a Simon Longato, piccolo industriale dell' hinterland torinese. Ma Longato non ha denunciato spontaneamente, “ho paura per me e per la mia famiglia ed è proprio per questo motivo che sto cercando di spostare i miei interessi personali, professionali e familiari all’estero”, ha detto l’uomo agli investigatori che lo hanno chiamato in caserma, dopo aver intercettato le conversazione dei sui aguzzini. "Per colpa di queste bestie - ha continuato l'imprenditore minacciato - mi sono trasferito in Svizzera. Ho paura di morire, ancora oggi. Spero solo che lo Stato faccia lo Stato e li tenga dove meritano. Mi fa star male pensare che tanta gente ha negato le estorsioni di fronte ai carabinieri e ha continuato a pagare. Non pagare rende liberi".