«Quando io lasciato il carcere, Paolo Romeo è passato nella mia cella. Romeo era arrivato a Tolmezzo pochi mesi prima. Io sapevo chi era lui e lui sapeva qual era il mio calibro e il mio ruolo criminale. Pietro Labate mi disse che dovevo portare rispetto a Paolo Romeo e Giorgio De Stefano». A dirlo è stato il collaboratore di giustizia Maurizio Cortese che per la prima volta ha deposto in un dibattimento pubblico. Lo ha fatto stamani, collegato in videoconferenza con l'aula bunker di Reggio Calabria, nell'udienza del processo “Gotha” che si sta celebrando con il rito ordinario e che vede, come principale imputato, l'avvocato ed ex parlamentare del Psdi Paolo Romeo, ritenuto la testa pensante della 'ndrangheta reggina.

Sistema di potere superiore

Romeo e l'avvocato Giorgio De Stefano, secondo l'ex boss, «non facevano parte della 'ndrangheta “vecchio modello”». Piuttosto, ha aggiunto, facevano parte «di un sistema di potere superiore di quello della 'ndrangheta tradizionale. Paolo Romeo non credo che era affiliato, ma faceva parte di questo sistema superiore che dirigeva la ‘ndrangheta. Pietro Labate mi disse di rispettarli perché sono delle brave persone». Con questo termine, ha chiarito il pentito, «non intendo che facevano beneficienza alla Caritas, ma che erano persone di cui ci si poteva fidare. Romeo aveva un circolo nautico e mi era stata fatta una battuta: che il Comune non era al Comune ma in questo circolo. Chi aveva un problema da risolvere si rivolgeva a Romeo».

Il confidente amico dei clan

Cortese ha parlato anche di Mimmo Morabito, arrestato con lui nell'operazione “Pedigree” descrivendolo come un confidente delle forze dell'ordine. «Sapevo - ha detto il collaboratore - che era una persona che collaborava con i carabinieri, con i servizi segreti e che faceva parte della massoneria. Morabito mi faceva sapere quando scattavano le operazioni o quando dovevo ricevere una perquisizione. Mi informava delle indagini e delle microspie che avevano messo in varie parti della città. Tutte queste cose me le faceva sapere perché lui riceveva notizie dalle forze dell'ordine. Morabito faceva parte del sistema».

I voti dei De Stefano per Scopelliti e Caridi

Dopo Cortese è stato sentito il collaboratore Maurizio De Carlo, ex contabile della cosca De Stefano che ha parlato di politica e, riferendosi a Nino Fiume, oggi collaboratore di giustizia ma fino al 2002 killer degli “arcoti”, ha detto: «Ha fatto una forte campagna elettorale per l'ex presidente della Regione Calabria Giuseppe Scopelliti. Conosco Antonio Caridi, anche lui è stato sostenuto dalla famiglia De Stefano. Lui era sponsorizzato dalla cosca De Stefano e soprattutto da Franco Chirico. Stavano nascendo le municipalizzate, come la Leonia, e ci volevano delle persone. C'era il senatore Caridi e tramite lui i De Stefano sapevano quello che succedeva all'interno delle municipalizzate e si potevano fare assunzioni. Se avevo bisogno di un posto, ne parlavo con Giovanni De Stefano e lui ne parlava con chi di competenza. Io non potevo andare dal senatore».

De Carlo ha confermato, infine, l'esistenza della componente “riservata” della ‘ndrangheta: «Io spesso e volentieri partecipavo anche agli incontri con Giovanni De Stefano. Quando si parlava di cose super riservate non mi faceva partecipare. Quando parlavano di discorsi inerenti alla politica, a me non mi facevano partecipare. Ci sono delle persone riservate che li chiamavano gli invisibili all'interno della cosca De Stefano. Persone che neanche io conosco».