Nell'inchiesta della Dda di Reggio Calabria sul clan Bellocco di Rosarno vi sono tanti punti di contatto con la provincia di Cosenza. Dalle amicizie e gli incontri con i presunti affiliati al clan Muto di Cetraro alla consegna di sostanze stupefacenti a un soggetto cosentino, sceso a Rosarno, per contrattare prezzo e qualità della droga, nonché un passaggio, seppur indiretto, su Francesco Patitucci, presunto capo della confederazione mafiosa operante tra Cosenza, Rende, la restante area urbana e il territorio di Roggiano Gravina.

Tutto questo avviene poco prima dell'ondata della pandemia da Covid-19, dove ancora non c'erano le zone rosse e quindi era più facile circolare sul territorio regionale. A ciò si aggiunge che, Francesco Benito Palaia, tra le persone accusate anche di associazione mafiosa, avrebbe utilizzato un postino per trasferire il carico di droga in provincia di Cosenza, mediante il centro smistamento di Lamezia Terme, dove in realtà quel pacco non veniva protocollato, bensì solo smistato all'uomo di fiducia, con la complicità di un altro soggetto. Il destinatario finale sarebbe stato poi un professionista cosentino, dove Palaia si appoggiava anche per altre vicende contenute nell'ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip di Reggio Calabria.

Palaia indagato con Pizzuti e Patitucci

Nei due capi d'accusa che riguardano la zona di Cosenza, si fa riferimento alla vendita di hashish e marijuana a Fausto Pizzuti, già noto alle forze dell'ordine della città dei bruzi, e posto ai domiciliari in questo procedimento penale, al quale Palaia avrebbe consegnato, previa trattativa a Rosarno, la sostanza stupefacente direttamente a Cosenza, probabilmente ad inizio del mese di marzo 2020. Gli investigatori infatti hanno immortalato la fase dell'arrivo di Pizzuti nella piana di Gioia Tauro e la sua ripartenza verso la terra bruzia.

«Sin dalle prime battute Pizzuti e Francesco Benito Palaia facevano riferimento all'interesse del primo ad acquistare due chilogrammi di hashish al prezzo di 2.700 euro al Kg e due chilogrammi di marijuana al prezzo di 1.700 euro al Kg, per un compenso totale pattuito di 8.800 euro («allora, allora due .. due chili di fumo sono cinquemila e quattrocento euro...» 70, «mille e sette e mille e sette?», «otto e otto.. me lo porti il 50 (cinquanta)%? Io non è che ti sto mettendo con un coso al collo .. adesso io, adesso sai cosa posso fare?»). Palaia riferiva chiaramente a Pizzuti Fausto di porre quale condizione non derogabile che il pagamento dello stupefacente avvenisse in tempi assolutamente brevi, almeno per la metà del prezzo totale» scrivono gli inquirenti.

Palaia, inoltre, come emerge dalle intercettazioni, introduceva anche l'argomento Patitucci, facendo una digressione rispetto alle figure criminali del passato. «Non hai capito... dal pentimento di Franco Pino a Cosenza... sono finiti» e Palaia «citava un importante nome della 'ndrangheta cosentina, Francesco Patitucci, esponente di spicco della cosca Lanzino-Patitucci, al quale dopo la sua scarcerazione avvenuta il 30 agosto 2019 aveva ceduto "10 pacchi" di stupefacente, a voler indicare dieci chilogrammi di cocaina («allora  Patitucci è uscito .. inc .. e voleva 10 pacchi .. giusto .. lui sa che noi con Gigino siamo così

.. inc .. »)».

Nel capitolo, tuttavia, si fa riferimento anche all'indagine "Crypto" e al presunto rapporto illecito tra il clan Cacciola-Grasso con Roberto Porcaro, imputato per narcotraffico nell'ambito della sub-associazione dedita al narcotraffico capeggiata, secondo la Dda di Reggio Calabria, da Francesco Suriano, soggetto di Amantea, che avrebbe allacciato i rapporti con i rosarnesi. Tutto ciò dimostrerebbe, per chi indaga, l'esistenza «di un consolidato asse calabrese Rosarno-Cosenza per lo smercio delle sostanze stupefacenti». A riprova dei rapporti tra rosarnesi e cosentini, in particolare con i cetraresi, gli investigatori rilevano contatti anche con alcuni uomini vicini alla nota cosca Muto di Cetraro. Palaia, in tal senso, non fa mistero delle sue conoscenze, come si evince dal passaggio contenuto in precedenza, quando per «Giggino» si potrebbe intendere il figlio di Franco, meglio conosciuto come "Re del Pesce".

Valutazione della gravità indiziaria

Per Palaia e Pizzuti il gip ritiene «la gravità indiziaria in capo a tutti gli indagati per il reato di cessione di stupefacenti di cui al capo 74 della provvisoria rubrica, essendosi perfezionato l'accordo tra Palaia e Pizzuti, indipendentemente dalla prova della consegna che tuttavia si trae ragionevolmente dallo scambio di sms del 4.3.2020, dipendendo il ritardo dai controlli intensi delle forze dell'ordine in coincidenza con l'emergenza epidemiologica in corso». E ancora: «Le conversazioni tra i sodali captate consentono di trarre la dimostrazione di un sistema di consegne collaudato dello stupefacente, come descritto da Palaia il quale nel segnalare a Pizzuti la necessità del pagamento immediato di almeno la metà dello stupefacente rimarcava che si trattava di affari del sodalizio {''Siamo tre soci''), incaricando di seguito Antonino Biondo e Rosario Caminiti di reperire lo stupefacente. Non v'è dubbio sul contributo agevolatore di Gaetano Palaia Gaetano (classe ’96) il quale, perfettamente addentro i progetti delittuosi del padre, accompagnava Pizzuti a casa Palaia al fine di non destare sospetti nelle forze dell'ordine ove avessero rilevato fuori dalla abitazione veicoli diversi da quelli in uso al nucleo familiare del detenuto domiciliare. Ricorre per tutti la contestata aggravante della agevolazione mafiosa, trattandosi di sodali, eccetto che per l'indagato Fausto Pizzuti in assenza di idonei dati indiziari o sintomatici di una cosciente ed univoca finalizzazione agevolatrice del sodalizio criminale».

Per quanto riguarda il caso di Patitucci, che non è stato intercettato con Palaia, né compare in altri passaggi della rubrica imputativa, il capo 75 «difetta di gravità indiziaria atteso che dallo stralcio della conversazione del 26.2.2020 in cui si menziona Francesco Patitucci non è dato comprendere se si sia perfezionata la cessione, anche sotto forma di raggiungimento dell'accordo, in quanto Palaia affermava che Patitucci appena scarcerato voleva 10 pacchi, a voler rimarcare che nel cosentino vi era in quel momento scarsità di stupefacente, ma senza aggiungere altri dettagli sulla cui scorta ritenere consumato il reato».