Le motivazioni dell'ordinanza che ha confermato i domiciliari per l’imprenditore Gherardo Zaccagni che gestiva il business fuori dallo stadio Meazza: «Ha beneficiato della protezione criminale»
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L'imprenditore che gestiva i parcheggi dello stadio di San Siro, Gherardo Zaccagni, ha «beneficiato» della fondamentale «protezione criminale» di Giuseppe Caminiti, «persona strettamente legata alle logiche della criminalità organizzata», quest'ultimo a sua volta «protetto» da Giuseppe Calabrò, che si «interfacciava» con Antonio Bellocco, l'erede dell'omonimo clan della 'ndrangheta, ucciso a settembre dall'altro vertice della curva Nord interista Andrea Beretta. Lo scrive il Tribunale del Riesame di Milano (giudici Savoia-Galli-Nosenzo) nelle motivazioni dell'ordinanza con cui, il 21 ottobre, ha confermato i domiciliari per Zaccagni, arrestato nel maxi blitz di oltre due mesi fa sulle curve di San Siro e accusato di fabbricazione di documenti falsi e accesso abusivo a sistema informatico.
L'avvio dell'attività nel settore parcheggi dello stadio, spiegano i giudici, per Zaccagni c'è stato grazie «all'intervento del defunto Boiocchi», ossia lo storico leader della Nord nerazzurra ucciso a colpi di pistola nel 2022 da killer non ancora rintracciati. E poi ha continuato a lavorare grazie «all'ombrello», si legge ancora, di Caminiti e Calabrò, quest'ultimo legato a Bellocco.
È vero sì, spiegano i giudici, che è stato «vittima di estorsione», ossia versava soldi al direttivo della curva interista, tra cui Beretta, ma era «perfettamente consapevole» del contesto criminale che aveva come epicentro lo stadio e ne traeva vantaggi economici».
In un'altra ordinanza depositata, quella a carico dell'ultrà interista Mauro Nepi, i giudici Savoia-Nosenzo-Natale valutano «negativamente il clima di omertà e paura» emerso dall'inchiesta, col «personale della società Inter che non ha nemmeno presentato denuncia», mentre dei responsabili, sentiti come testi, «sono stati reticenti».
Per questo, secondo il Riesame, vertici e sodali degli ultras devono rimanere in carcere, dato che è ancora forte il rischio di minacce ai testimoni. E ciò anche se si considera che le indagini vanno avanti per «approfondire il livello di infiltrazione della 'ndrangheta nel mondo delle curve di Inter e Milan».