Confermata in Cassazione la sentenza di condanna emessa il 30 giugno 2015 dalla Corte d’Appello di Catanzaro, presieduta dal giudice Giancarlo Bianchi, contro alcuni esponenti del clan La Rosa di Tropea, principale località turistica del Vibonese e della Calabria.

 

Annullamento con rinvio, limitatamente alle contestate aggravanti, solo per Antonio La Rosa, alias “Ciondolino”, 55 anni, difeso dall’avvocato Giovanni Vecchio, che in secondo grado era stato condannato a 6 anni di carcere per tentata estorsione.

 

Confermate le condanne a 5 anni di reclusione per Pasquale La Rosa ed a 6 anni per Francesco La Rosa (del ’71, detto “U Bimbu”), fratelli di Antonio La Rosa. Queste le altre pene confermate dalla Suprema Corte che ha rigettato i ricorsi delle difese: 5 anni per Francesco La Rosa; 10 anni per Salvatore La Rosa; 4 anni e 4 mesi Saverio Bardo; 2 anni e 4 mesi per Gerardo Piccolo

 

Gli imputati sono tutti di Tropea. Associazione mafiosa, estorsioni, danneggiamenti, turbata libertà degli incanti, detenzione e porto illegale di armi i reati, a vario titolo, contestati nelle operazioni antimafia “Peter Pan” e “Rocca Nettuno” scattate nel dicembre 2012 ad opera della Squadra Mobile di Vibo Valentia con il coordinamento della Dda di Catanzaro.

 

Attualmente in carcere si trova il solo Salvatore La Rosa, mentre Antonio La Rosa e Francesco La Rosa (alias “U Bimbu”) sono agli arresti domiciliari. Liberi, invece, Pasquale La Rosa, Francesco La Rosa (cl. ’74), Saverio Bardo e Gerardo Piccolo.

 

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