Tra le accuse contestate concorso esterno in associazione mafiosa, favoreggiamento, rivelazione di segreti d’ufficio e omissioni d’atti d’ufficio
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Tredici anni di reclusione. È questa la pena inflitta in primo grado dal Tribunale di Crotone al maresciallo Carmine Greco, ex comandante della Stazione forestale di Cava di Melis, a Longobucco, arrestato nel luglio del 2018 nell'ambito dell'inchiesta coordinata dal procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri. Il pm durante la requisitoria aveva chiesto 16 anni.
L'ex maresciallo deve rispondere di concorso esterno in associazione mafiosa, favoreggiamento, rivelazione di segreti d’ufficio, omissioni d’atti d’ufficio, tutti aggravati dalla finalità mafiosa. Avrebbe favorito in particolare gli imprenditori Spadafora, ritenuti vicini alle cosche di Cirò Marina finite nell'inchiesta Stige.
Occhi chiusi sui tagli non autorizzati, scrupolosi controlli invece nei confronti delle imprese non allineate o concorrenti a quelle dei clan. Insomma una «distorsione dell’attività istituzionale» del sottufficiale dell’Arma. Agli Spadafora avrebbe infatti assicurato il monopolio degli appalti boschivi da San Giovanni in Fiore al versante crotonese.
Un rapporto simbiotico, in particolare tra Antonio Spadafora e Carmine Greco, che sarebbe affiorato addirittura dallo sfondo di una clamorosa operazione di polizia giudiziaria coordinata proprio dalla Procura di Castrovillari, ovvero quella che condusse all’arresto della dirigente di Calabria Verde Antonietta Caruso e dell’agronomo Salvatore Procopio. La donna, in particolare, avrebbe sì intascato una mazzetta da 20mila euro, ma al culmine di una vera e propria messinscena orchestrata dagli Spadafora e da Greco. Gli Spadafora avrebbero così tolto di mezzo quella dirigente arrestata in pratica coi soldi della tangente in tasca e sarebbero passati come vittime di un sistema di corruzione. A Greco costò l'arresto il 7 luglio 2018. Ieri la sentenza e la condanna.