La Direzione Investigativa Antimafia di Genova ha eseguito un provvedimento di confisca di beni mobili ed immobili per un valore complessivo di circa due milioni di euro.

I beni erano nella disponibilità di due persone arrestate nel luglio del 2016 nell'ambito della operazione antimafia "Alchemia", condotta dalla Dda reggina e conclusasi con l'emissione di 42 misure cautelari. Tutte e due sono risultate affiliate a notissime cosche di 'ndrangheta ed indiziate di associazione di tipo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, corruzione, intestazione fittizia di beni e società. Si tratta di Orlando Sofio, di Novi Ligure, e Marianna Grutteria, di Serravalle Scrivia. Entrambi hanno origini calabresi. 

Tutto è partito da indagini preventive della Dia, cui è seguita la proposta di confisca della Procura della Repubblica di Reggio Calabria e l'emissione del provvedimento da parte della Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale. Il Tribunale di Reggio Calabria ha riconosciuto come l'associazione all'interno della quale agivano i due soggetti colpiti dal provvedimento ablativo fosse propriamente di tipo mafioso e ha quindi disposto la confisca dell'intero capitale sociale e patrimonio aziendale di un'impresa operante nel settore delle pulizie industriali e civili, di un fabbricato e di un terreno siti in provincia di Alessandria, nonché di conti correnti, beni mobili registrati e posizioni finanziarie riconducibili agli interessati per un valore complessivo di due milioni di euro.

I due sono stati condannati nel luglio 2020 per associazione a delinquere semplice nel processo "Alchemia": 5 anni e 3 mesi di carcere sono stati inflitti a Sofio dal Tribunale di Palmi che ha condannato, invece, Grutteria a 3 anni di reclusione. I pm, però, hanno fatto appello perché nell'ambito dell'inchiesta, secondo la Dda, i due imputati dovrebbero essere condannati per associazione mafiosa perché ritenuti intranei alle cosche Raso-Gullace-Albanese e Gagliostro-Parrello. Sofio infatti, avrebbe gestito le imprese riconducibili alle consorterie mafiose ed era considerato dalla Dia l'accompagnatore e "telefonista" del boss Carmelo "Nino" Gullace, mentre la Grutteria sarebbe stata, secondo gli inquirenti, a completa disposizione delle cosche di Palmi.