Diverse assoluzioni e rimodulazoni di pena nel processo d’Appello Sansone che ha colpito la ‘Ndrangheta operante nel territorio di Villa San Giovanni. Una decisione che riforma in maniera profonda quella emessa in abbreviato dal gup di Reggio Calabria, pur lasciando pressoché confermato l’impianto accusatorio.

L’inchiesta Sansone

L’operazione, che aveva attinto le cosche mafiose del territorio a Nord di Reggio Calabria, nota come “Sansone”, ha tratto origine dalla complessa attività di indagine coordinata dalla Dda di Reggio Calabria riguardante la cosca Condello ed in particolare le attività finalizzate alla cattura del latitante Domenico Condello, ed ancora le condotte delittuose imperniate su Pasquale Bertuca, capo della cosca Zito-Bertuca, storicamente attiva nel territorio di Villa San Giovanni e nei comuni viciniori, nonchè le relazioni tra le diverse consorterie operanti in Fiumara di Muro, centro storicamente dominato dalla cosca Buda-Imerti ed a Campo Calabro, territorio di altrettanto storica dominazione della cosca Garonfalo.

In questo variegato ambito è venuto alla luce, specialmente nell’area villese, una condizione di forte pressione estorsiva e di controllo criminale esercitato congiuntamente dalle cosche, in modo asfissiante e capillare. Emblematico del modus operandi delle cosche è l’espressione captata durante un colloquio in carcere nel corso del quale il capo della cosca disponeva ai suoi affiliati che nell’attività di riscossione non bisognasse “lasciare scampo a nessuno”.

La sentenza di primo grado

Il gup, in primo grado, aveva di fatto accolto le richieste della Dda di Reggio Calabria, confermando in pieno l’impianto accusatorio e anzi disponendo pene più severe, in alcuni casi, rispetto alla requisitoria. Pesantissime le condanne per Pasquale Bertuca, Vincenzo Bertuca, Santo Buda, Domenico Condello (classe ’56), Alfio Liotta, Bruno Tegano, Andrea Carmelo Vazzana e Domenico Zito, tutti condannati a vent’anni di reclusione.

La sentenza d’Appello

Situazione mutata per diversi di questi imputati nel grado d’appello. Spiccano, ad esempio, le assoluzioni di Pietro Bertuca (difeso dall’avvocato Andrea Alvaro), così come quelle di Renato Marra e Maria Caterina Romeo (difesi dall’avvocato Giuseppe Nardo).

Di seguito la decisione della Corte d’Appello

Carmelo Araniti: assolto

Michele Battaglia: assolto

Angelo Benestare: 8 anni;

Felicia Bertuca: 14 anni e 8 mesi

Pasquale Bertuca: 30 anni (in continuazione)

Pietro Bertuca: assolto

Vincenzo Bertuca: 18 anni;

Domenico Bonforte: 10 anni

Santo Buda: 14 anni e 8 mesi

Domenico Calabrese: 10 anni;

Domenico Condello classe 56: 14 anni;

Domenico Condello classe 72: 10 anni e 8 mesi

Luciano Condello: ndp per morte del reo

Attilio Cotroneo: 6 anni;

Vincenzo Cristiano: 4 anni e 4 mesi;

Grazia Falcone: 2 anni;

Francesco Giustra: assolto

Alessandro Idone: 2 anni

Antonino Idone: 4 anni

Fortunato Laganà: 7 anni;

Giacomo Latella: 8 anni;

Alfio Liotta: 16 anni

Giovanni Malara: 9 anni e 8 mesi;

Giuseppe Marcianò: assolto

Renato Marra: assolto

Roberto Megale: 1 anno (in continuazione)

Sebastiano Megale: 2 anni e 8 mesi

Antonio Oliveri: 1 anno e 4 mesi

Giovanni Oliveri: 1 anno e 4 mesi

Andrea Palermo: 2 anni e 8 mesi

Antonino Plutino: 2 anni e 4 mesi

Antonino Riniti: 3 anni

Giuseppe Ripepi: assolto

Maria Caterina Romeo: assolta

Giuseppe Scappatura: 2 anni

Alberto Scarfone: 16 anni;

Rocco Scarfone: 8 anni e 4 mesi

Antonino Sottilaro: 5 anni e 4 mesi

Francesco Sottilaro: assolto

Vincenzo Sottilaro: 16 anni

Lorenzo Sottilotta: 9 anni

Bruno Antonio Tegano: 10 anni (in continuazione)

Andrea Carmelo Vazzana: 16 anni

Giuseppe Vermiglio: 3 anni;

Domenico Viglianisi: 8 anni;

Domenico Zito: 14 anni