VIDEO | Anche la bare di un bambino e di una donna incinta. Il vescovo Morrone: «La nostra umanità sia un atto di resistenza a questo immane dolore». Hassan El Mazi e don Rigobert Elangui: «Occorre gestire il fenomeno con un approccio globale»
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La prima a scendere nella terra è stata quella più grande. Era la prima della fila con il suo numero (25) e una gerbera delicatamente arancione. È più grande perché custodisce le membra esanimi di una madre che non darà mai alla luce, dopo averlo portato in grembo per quasi nove mesi, il suo bambino.
Sono 21 (una è stata identificata e già rimpatriata), le salme di migranti non sopravvissute allo sbarco di Roccella Jonica dello scorso 17 giugno, inumate questa mattina nel cimitero di Armo a Reggio Calabria, proprio nello spazio concesso dal Comune alla Caritas italiana per edificare il cimitero dei migranti. Tra le gerbere arancioni c’è anche una piccola rosa bianca con sfumature rosa su una piccola bara bianca. Il numero questa volta è 30. Tragedia infinita.
E neppure ci sono nomi e familiari che possano piangerli. Una tragedia che sarebbe anche rimasta anonima se non si fosse voluto oggi accompagnare queste salme nella terra con una preghiera condivisa.
Così quelle persone non hanno ancora un nome ma hanno una “casa” nel cimitero dei migranti di Armo di Reggio Calabria. Erano in cerca di un futuro di speranza in terra diversa dalla patria. Invece hanno trovato la morte in mare. Un momento molto sentito che ha racchiuso in sé la preghiera islamica e quella cattolica, per dare un ultimo addio prima dell’abbraccio della terra.
Il momento di preghiera
L’inumazione è stata preceduta da un momento di preghiera alla presenza di Hassan El Mazi, il responsabile del centro culturale islamico di Reggio Calabria, di don Rigobert Elangui, direttore ufficio pastorale migrante diocesi Locri- Gerace, dell’arcivescovo di Reggio Calabria Bova, monsignor Fortunato Morrone, della prefetta Clara Vaccaro, dei vicesindaci di Reggio Calabria e Roccella Jonica, rispettivamente Paolo Brunetti e Francesco Scali. Presenti anche molti volontari del coordinamento diocesano sbarchi e della croce rossa che prestano il loro servizio al porto al momento dell’accoglienza.
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