Giunti a Crotone per le iniziative in memoria delle vittime, i sopravvissuti raccontano dell'elicottero visto quella notte: «Vogliamo giustizia e verità». Il dolore di un padre che ha perso moglie e figli: «Siamo devastati, continuiamo a pensare a quel giorno tragico»
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«Il governo italiano sapeva della presenza della nostra barca. Abbiamo visto un elicottero circa sette ore prima del naufragio. Per questo adesso vogliamo denunciare lo Stato italiano». A dirlo è Nigeena Mamozai, 24enne afghana, che insieme alla cognata Adiba Ander, 20 anni, è sopravvissuta al naufragio avvenuto il 26 febbraio dello scorso davanti alla spiaggia di Steccato di Cutro nel quale sono morte 94 persone.
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Le due donne sono tornate a Crotone dalla Germania per partecipare alle giornate organizzate dalla Rete 26 febbraio per l'anniversario della strage di migranti di Steccato di Cutro che sono iniziate oggi e si concluderanno lunedì prossimo con una veglia sulla spiaggia. La prima di queste manifestazioni si è tenuta questa mattina allo stadio Ezio Scida di Crotone dove è stata disputata una partita di calcio alla quale hanno preso parte anche alcuni familiari delle vittime. Nigeena Mamozai ha parlato della presenza di un elicottero che avrebbe sorvolato la zona in cui navigava il caicco Summer Love con i migrfanti a bordo prima dell'aereo di Frontex.
«Dobbiamo dire - ha spiegato la donna - che il naufragio poteva essere evitato. Il governo italiano sapeva della presenza della nostra barca. Abbiamo visto un elicottero circa sette ore prima del naufragio. Lo hanno visto anche altri sopravvissuti. Era un elicottero, era di notte. Non era un aereo. Abbiamo sentito anche il rumore. L'accoglienza che avete fatto a Crotone è stata favolosa - ha aggiunto Nigeena - ma noi vogliamo dal governo italiano giustizia e verità ed il ricongiungimento familiare. Domani non sarà facile per noi. Quando sono arrivata non ho dormito. Non so se riuscirò ad andare sulla spiaggia. È molto pesante».
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Di ricongiungimento familiare ha parlato anche un altro dei sopravvissuti, l'afgano Whalidi. «Ai governi italiano, tedesco ed europeo - ha detto l'uomo - chiediamo di fare in modo di aprire dei corridoi umanitari per far arrivare qui le nostre famiglie che sono in Afganistan. Solo così qualcosa potrà cambiare in meglio nella nostra vita. Siamo mentalmente devastati. Da un anno provo tanto dolore per quello che è accaduto. Ho perso moglie e due figli nel naufragio. Sono rimasto solo con il mio unico figlio sopravvissuto e come me ci sono tante altre persone. Psicologicamente è difficile: pensiamo troppo a quello che è accaduto. Continuo ad avere paura, mentalmente siamo rovinati. Sono tornato qui per rispetto di tutte le vittime. Lunedì sulla spiaggia ricorderò quel giorno quando ho visto tanti bambini e donne morte. Pregherò per loro». Anche Whalidi ha confermato la presenza dell'elicottero.
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Nell'augurarsi «che i trafficanti restino per sempre in galera» ha ribadito che «il naufragio poteva essere evitato. Quando eravamo in mezzo al mare abbiamo visto tante volte un elicottero ma non ci hanno aiutato».