La tragedia di Cutro, secondo il Consiglio Cei, «è una ferita aperta che mostra la debolezza delle risposte messe in atto. Il limitarsi a chiudere, controllare e respingere non solo non offre soluzioni di ampio respiro, ma contribuisce ad alimentare irregolarità e illegalità». «Servono invece politiche lungimiranti, nazionali ed europei, capaci di governare i flussi d'ingresso tramite canali legali, cioè vie sicure che evitino i pericoli dei viaggi in mare, sottraggano quanti sono costretti a lasciare la propria terra a causa di fame e violenza alla vergogna dei centri di detenzione e diano prospettive reali per un futuro migliore».

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Nel comunicato finale del Consiglio episcopale permanente si legge che il fenomeno migratorio «continua ad essere gestito in modo emergenziale e non strutturale». In questa ottica, è stato osservato dai vescovi, «i corridoi umanitari rappresentano al contempo un meccanismo di solidarietà internazionale e un potente strumento di politica migratoria». «Nel ribadire che il diritto alla vita va sempre tutelato e che il salvataggio in mare costituisce un obbligo per ogni Stato - conclude la nota -, i Vescovi hanno quindi ricordato quanto sia strategica per il bene comune un'accoglienza dignitosa che abbia nella protezione, nell'integrazione e nella promozione i suoi cardini».