Natuzza, fra miracoli e misteri. A mettere "sotto inchiesta" la mistica di Paravati, martedì è stata la nuova puntata di Calabria rinviata a giudizio, il format settimanale di LaC che analizza cinquant’anni di storia della Calabria.

Parlare di Natuzza non è mai semplice, non è mai scontato, anche perché qualunque cosa si voglia dire, probabilmente non è mai quella giusta. Natuzza una santa. Natuzza una donna del popolo, Natuzza umile e povera. Sì ma… poi cominciano i tanti ma, si parla di pietà popolare, magari in senso sprezzante, di eccessi, e poi c’è la vecchia storia di duri contrasti tra i fedeli e la chiesa locale, con l’allora vescovo, ed era qualcosa che stava portando al precipizio

Poi la quiete dopo la tempesta. Sorgono dubbi e sospetti, ma la figura di Natuzza ne è sempre uscita pulita, netta, chiara. Perché tutto si può dire, tranne che la mistica di Paravati non sia rimasta dall’inizio alla fine povera, onesta, umile.

La puntata di martedì scorso di Calabria rinviato a giudizio, dedicata alla mistica, è stata accolta con entusiasmo da tantissime persone. Circa un’ora per analisi, testimonianze e video d’epoca, per un record di ascolti, con tantissimo seguito e apprezzamento anche sui social

Garbatissimo il "rappresentare dell’accusa" Gilberto Floriani, già direttore del Sistema Bibliotecario di Vibo Valentia. Agnostico, «che non significa ateo», un uomo coltissimo, libero e intellettualmente onesto, legato a Carl Young quando dice: «Dunque io non credo all’esistenza di Dio per fede: io so’ che Dio esiste»

La "difesa" affidata a Riccardo Succurro, presidente del Centro internazionale di studi gioachimiti, studioso cattolico con una formazione di sinistra. Che è partito da un forte scetticismo, lungo tanto tempo, franato quando nel corso di un incontro con la mistica ha avuto una rivelazione di carattere personale, che lo ha lasciato allibito: «Come poteva Natuzza sapere quel fatto preciso, inerente alla sfera familiare, rimasto assolutamente privato?». E poi ne sono seguite le tante motivazioni filosofiche e religiose che lo hanno definitivamente avvicinato alla fede. Con una ricerca continua della "verità"!

Non facile il compito del "giudice", la giornalista Alessandra Carrieri. Anche lei da una posizione non proprio favorevole a Natuzza, con una storia personale fatta di una certa freddezza rispetto a determinati fenomeni. Ma alla fine Alessandra ha dovuto ammettere che l’umiltà, la storia di vita della poverissima Natuzza, è stata ed è una lezione per tutti, credenti e non credenti, perché Natuzza ha dato una speranza a quanti cercavano speranza, ha dato certezze a chi era debole e incerto.

Analizzati i tempi lontanissimi in cui Natuzza e Padre Pio finiscono sotto l’impietosa scure dI Padre Agostino Gemelli, inviato dal Vaticano a capire e mettere ordine. Il caso-Natuzza andava chiuso immediatamente sul nascere: «In linea di massima la soluzione - scrive Padre Gemelli al vescovo Paolo Albera - è sempre quella: l’isolamento, in modo che si faccia il silenzio attorno alla persona». Ma capita che dall’ospedale psichiatrico agli onori degli altari talvolta è un passo.