Nessuna intenzione di cedere in comodato d’uso per un secolo la chiesa di Natuzza. La Fondazione di Paravati, che gestisce il santuario dedicato alla mistica ma mai consacrato, risponde picche all’ultimatum del Vescovo Luigi Renzo, che due settimane fa aveva posto condizioni ultimative minacciando, in caso di mancato recepimento delle sue richieste, di revocare il decreto di “religione e di culto” e di ente ecclesiastico civilmente riconosciuto alla Fondazione. In parole povere: o vi adeguate o siete fuori dalla Chiesa ufficiale.


La risposta è arrivata dopo 15 giorni. Stringata ma esplicita: «Il Consiglio d’amministrazione della Fondazione “Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime” – si legge in una nota -, riunitosi per discutere dell’ultima proposta di Sua eccellenza monsignor Luigi Renzo, ha deliberato di non poter adottare soluzioni che snaturino l’identità della Fondazione e contrastino con i suoi scopi umanitari».

 

Parole che si prestano a mille interpretazioni e acuiscono ulteriormente lo scontro. Il “non detto” prende forma nel passaggio successivo della nota, quando si comunica che è stato deciso di «dare ampia comunicazione alle Autorità competenti, Ecclesiastiche e Civili, delle vicende che hanno caratterizzato gli ultimi anni della vita della Fondazione». Una sorta di “to be continued” che promette nuove rivelazioni e capitoli in quella che ormai è una vera e propria saga che ruota intorno alla figura di Mamma Natuzza, che ha già intrapreso il cammino verso la santità, attraverso il processo di canonizzazione che la vede ora sul primo scalino, quello di “Serva di Dio”.


La penultima puntata era stata scritta dal vescovo, che, appunto, aveva subordinato la consacrazione della grande chiesa dedicata alla mistica ad alcune modifiche dello statuto della Fondazione che considera imprescindibili. Prima fra tutte, la cessione del tempio in comodato d’uso alla Diocesi per 99 anni. In caso contrario – aveva assicurato l’alto prelato – il decreto di religione e culto sarebbe stato revocato e il tempio non sarebbe stato consacrato. Ultimatum che non ha sortito l’effetto sperato dalle autorità vaticane, ma ha sgomberato il campo da ipocrisie e giri di parole, rendendo più evidente che mai la distanza tra Diocesi e Fondazione.