Un tempo emblema del potere mafioso, poi sequestrati, quindi confiscati, infine devastati. Ristrutturati per essere restituiti alla collettività. Sono gli immobili che lo Stato ha strappato al clan Mancuso, nel cuore di Limbadi, feudo di uno delle cosche di ‘ndrangheta più temute. Gli stessi che dovevano ospitare l’Università antimafia di Riferimenti. Al di là di qualche passerella politico-istituzionale e di qualche convegno, il centro studi non è mai decollato e Riferimenti ha levato le tende dopo che la sua presidente, Adriana Musella, è finita sott’inchiesta a Reggio Calabria per la gestione, sin troppo disinvolta secondo i pm, dei fondi antimafia.

 

I commissari che guidano il Municipio di Limbadi, dopo il suo secondo scioglimento per mafia, ci accompagnano. Sono strutture chiavi in mano, dotate di tutti i comfort.  Per questo centro studi oggi serrato da un lucchetto, che mai ha visto uno studente alloggiarvi, sono stati spesi due milioni di euro. E oggi, malgrado il bando destinato a enti e associazioni, nessuno pare sia interessato ad assumerne la gestione per fini sociali.

 

L’ascensore, che collega quattro piani, è ancora sigillato. Tutto è a norma, tutto moderno e funzionale. A giorni sarà pubblicato un nuovo bando. E si spera che qualcuno che se ne faccia carico e sappia utilizzarli, si faccia avanti. Poche centinaia di metri più avanti, sempre nel cuore di Limbadi, c’è un altro stabile rimesso a nuovo: verde il colore delle pareti, verde come della speranza. È stata concepito come sede per gli alloggi: 25 posti letto. Si contano 25 materassi ancora avvolti dal cellophane, altrettanti  cuscini, piumoni , lenzuola e asciugamani. Ogni stanza ha un pc, un bagno privato. C’è persino la linea telefonica ancora in funzione e la luce per mantenere attivo il sistema di videosorveglianza. C’è tutto ma nessuno ci abita. Nessuno ha mai alloggiato qui, perché nessuna Università dell’antimafia è mai partita.