Avrebbero cercato di importare inizialmente addirittura ottomila chili di cocaina dal Sudamerica, i vibonesi coinvolti nell’inchiesta “Stammer” della Guardia di Finanza e della Dda di Catanzaro. Una sorta di alleanza per alcuni aspetti inedita che avrebbe visto recitare un ruolo di primo piano al clan Fiarè di San Gregorio d’Ippona (centro alle porte di Vibo Valentia) retto, ad avviso degli inquirenti, da Filippo Fiarè, 60 anni (in foto), il fratello minore del boss Rosario Fiarè, quest’ultimo da tempo ristretto per scontare una condanna per violenza sessuale ed associazione mafiosa.

 

La ‘ndrina dei Fiarè si sarebbe in particolare rapportata per l’importazione della cocaina sia con i Pititto di San Giovanni di Mileto, sia con il più quotato gruppo di San Calogero che, in materia di stupefacenti (attraverso i vari Vincenzo Barbieri, broker della cocaina ucciso nel 2011, e Francesco Ventrici) l’ha sempre fatta da padrone sin dai tempi (2004) della storica operazione “Decollo”.

 

 

 La partnership. L’alleanza fra Salvatore Pititto, 49 anni, di San Giovanni di Mileto (primo cugino di Pasquale Pititto, personaggio di elevato “spessore” criminale già condannato in via definitiva nel processo “Tirreno” celebrato a Palmi ed a Reggio Calabria, nonché cognato del collaboratore di giustizia Michele Iannello, killer del piccolo Nicolas Green ucciso sull’A3 nel 1994) ed i fratelli di San Calogero, Antonio e Giuseppe Grillo, rispettivamente di 39 e 36 anni (già coinvolti a Bologna nell’inchiesta “Due Torri connection” a Bologna sulla tentata importazione di 1.500 chili di cocaina via area dall’Ecuador), avrebbe garantito il soggiorno nel Vibonese al colombiano Gomez Da Costa, alias “Jhon Peludo”, tornato in Italia per garantire una nuova importazione di cocaina.

 

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Sempre i fratelli Grillo, proprietari a San Calogero di un ristorante, avrebbero inoltre ospitato Eduardo Eduardo Sucerquia Cano, 50 anni, colombiano, il quale, nel mese di gennaio del 2015, era giunto in Italia per definire la strategia organizzativa inerente un carico di 63 chili di cocaina.

I fratelli Grillo, oltre ad assicurare “un’apprezzabile affidabilità in termini economici”, avrebbero sopperito alle spese necessarie per garantire la permanenza dell’emissario colombiano, curando l’invio del denaro ritenuto funzionale alla nuova importazione.

 

 Il gruppo di San Calogero ed il ruolo dei Fiarè. Antonio Grillo, alias “Il Bisonte”, viene da sempre ritenuto dagli inquirenti il “braccio-destro” di Francesco Ventrici, 45 anni, il broker della cocaina – trasferitosi da San Calogero in provincia di Bologna dopo le condanne rimediate nell’operazione “Decollo” - capace di interloquire in via diretta con i più potenti cartelli di narcotrafficanti sudamericani.

 

E’ proprio ad Antonio Grillo, infatti, che Francesco Ventrici (foto in basso), a seguito del suo volontario allontanamento dalla Calabria, avrebbe ceduto il “comando” delle operazioni nel Vibonese, poiché ritenuto dallo stesso in possesso di elevate capacità relazionali con i narcos colombiani.

 

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Collateralmente ai fratelli Grillo, sarebbe emersa sulla scena investigativa anche la presenza di Giuseppe Iannello, nipote di Francesco Ventrici, il quale avrebbe rappresentato  il raccordo informativo tra lo zio di stanza in Emilia e Antonio Grillo.

L’attività d’indagine, tra l’altro, avrebbe consentito di ricondurre a Mario Pititto, 29 anni, originario di Mileto, ma residente a Rosarno, e a Francesco Ventrici  la disponibilità di due apparecchi “blackberry Pgp”in comunicazione “citofonica” tra loro. Si tratta, in particolare, di apparati criptati, notoriamente utilizzati dai narcotrafficanti.

 

 

L’abbandono di Mercuri e l’alleanza fra i Fiarè e i Pititto. Sarebbe stata inizialmente affidata a Giuseppe Mercuri, 58 anni, di San Calogero, cognato di Ventrici, l’operazione di importazione in Italia di 8.000 chili di cocaina. Non essendo andata a buon fine, Mercuri sarebbe stato però ad un certo punto estromesso dalle negoziazioni.

 

 

Al fine di assicurare continuità alla trattativa, si sarebbe così assistito ad un cambio nelle gerarchie, con l’importazione che sarebbe stata definita dal sodalizio di Mileto unitamente ai Fiarè di San Gregorio d’Ippona i quali avrebbero proseguito in autonomia la trattativa di importazione di cocaina attraverso continui contatti fra Filippo Fiarè, Salvatore Pititto e Fortunato Lo Schiavo, 36 anni, di Mileto, pure lui fra i destinatari del provvedimento di fermo. Gli incontri sarebbero avvenuti in piazza a San Gregorio d’Ippona oppure nel casolare di campagna di Fiarè, mentre altri incontri ci sarebbero stati fra Salvatore Pititto e Benito La Bella, 29 anni di Piscopio, pure lui fra i fermati e persona ritenuta vicina a Filippo Fiarè, tanto che l’utenza telefonica in uso a Maria Vinci, moglie di Filippo Fiarè, risultava intestata proprio a Benito La Bella. Lo stesso La Bella ripreso dalle telecamere installate vicino l’abitazione di Fiarè mentre si recava più volte nel domicilio del boss. 

 

Giuseppe Baglivo