Una grossa partita di marijuana proveniente dall’Albania, i piani che non vanno in porto, gli accordi non mantenuti e il codice d’onore che viene infranto. Ci sono tutti gli ingredienti di una crime story in uno dei capi di imputazione contestato agli indagati nell’inchiesta sul traffico di droga nel Vibonese.
I Navarra dovevano sbloccare il carico di marijuana. «Poi a lavoro finito avrebbero pagato la restante somma agli albanesi», racconta il collaboratore di giustizia Emanuele Mancuso.
Gli accordi prevedevano che se Salvatore Ascone avesse venduto la sostanza stupefacente consegnatagli a titolo di garanzia, avrebbe trattenuto il guadagno, altrimenti I'avrebbe riconsegnata a Giuseppe Navarra, «purché Navarra gli regalasse qualcosa».

Le cose, però, cominciano ad andare storte dall’inizio: due soggetti vengono arrestati dalla polizia mentre si “accompagnavano” a 20/30 chili di marijuana che tenevano per conto dei Navarra.

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La marijuana scadente degli albanesi

Anche a Salvatore Ascone, detto “Pinnularu” le cose non vanno meglio. Aveva venduto 18 chili di erba a un soggetto che, vista la cattiva qualità del prodotto, aveva deciso di restituirla. Ascone riesce a cederne solo 5 chili, sul groppone gli restano 27,5 chili dei 32 chili che aveva preso originariamente dai Navarra.
«Le cose non andarono come previsto – spiega Mancuso – perché, oltre al sequestro di questo quantitativo di stupefacente subito dai Navarra, ci fu un altro problema con Ascone, perché la marijuana albanese non era di grande qualità e per tale ragione "Pinnularu" aveva originariamente venduto 18 chili (dei 32,5 chili ricevuti) che gli furono restituiti dall'acquirente per via della scarsa qualità: in pratica Navarra gli aveva pure fatto fare brutta figura. Altri 5 chili Ascone era riuscito comunque a piazzarli e gliene rimanevano circa 27 kg, 27,5».

Navarra non rispetta i patti

Giuseppe Navarra, dopo aver perso la sua parte di marijuana con il sequestro, chiede a Salvatore Ascone di restituirgli 20 chili di erba che promette di pagare a rate. Ascone si fida e consegna la marijuana accettando il pagamento rateale ma «Navarra non rispettò i patti» nonostante avesse chiamato Emanuele Mancuso come garante «per farsi dare il finanziamento da Ascone». La cosa manda in bestia Mancuso che parte alla ricerca di Giuseppe Navarra e, non riuscendo a trovarlo, becca il fratello Valerio e lo intimorisce per mandare un messaggio a Giuseppe Navarra.

A difesa di Giuseppe Navarra interviene Giuseppe Antonio Accorinti, boss di Zungri. «Tu non lo tocchi e io ti faccio tornare i soldi», promette.

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L’accordo nelle campagne di Zungri

Decidono per un incontro in una campagna di Zungri. Era febbraio 2018. Gli animi non erano del tutto sereni visto che, racconta Emanuele Mancuso, coloro che lo accompagnavano erano armati, e anche se Peppone Accorinti non era armato «c’erano tre macchine con questi soggetti che passavano e spassavo per controllarci». Stabiliscono che Mancuso avrebbe avuto i 30mila euro anticipati inizialmente da Ascone. «Peppe Navarra mi diede questi soldi con la promessa che io non avrei toccato più né lui né il fratello Valerio e che gli avrei fatto avere i 7,5 chili di marijuana che erano rimasti da Ascone».
Emanuele Mancuso era incaricato dell’intermediazione dell’intero affare: doveva riportare i soldi ad Ascone e l’erba ai Navarra.
Ma mancò di restituire la droga ai Navarra. Interviene ancora Accorinti. Ma questa volta si reca direttamente da Ascone per avere indietro la marijuana. «Ascone non gli consegnò nulla perché gli rispose: “se non me lo dice Emanuele di consegnati i 7,5 chili io non ti do nulla”».

Accordi criminali

Mancuso racconta di avere preso male il gesto di Accorinti di recarsi direttamente da Ascone, visto che il ruolo di intermediario spettava a lui: «Io in quella circostanza mi arrabbiai molto per due ragioni: la prima perché seppi che Peppone si era permesso di andare direttamente da Ascone, non rispettando l'accordo criminale preso con me: perché nel mondo criminale se tu hai la mia parola che ti farò consegnare i 7.5 kg rimasti devi aspettare che io ottemperi all’accordo e alla parola data. Quindi mi offese molto il fatto che di sua iniziativa si fosse permesso di recarsi da Ascone il quale mi riferì tutto».