Il procuratore aggiunto di Reggio Calabria si dice pronto a contrastare la norma che prevede l’azione disciplinare per le toghe che non si astengono dai procedimenti «quando sussistono gravi ragioni di convenienza»
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«Si vuole un magistrato chiuso nella torre d'avorio, dotato di un'imparzialità tanto apparente quanto inesistente, che origlia il dibattito giuridico anziché esserne protagonista consapevole, e dunque meno attrezzato a tutelare i diritti delle parti coinvolte nel processo, pm o giudice che sia». Lo spiega in un'intervista al Corriere della Sera Stefano Musolino, procuratore aggiunto di Reggio Calabria e segretario di Magistratura democratica, commentando il decreto legge che prevederà l'azione disciplinare per i magistrati che non si astengono dai procedimenti «quando sussistono gravi ragioni di convenienza».
Il magistrato dice di essere «pronto all'obiezione di coscienza» sulla norma in arrivo. «L'evanescenza letterale di questa norma consente di mettere sotto accusa ogni magistrato che abbia espresso una critica a provvedimenti approvati dal Parlamento - prosegue -, e dunque potrei finire sotto procedimento disciplinare se dovessi occuparmi professionalmente dell'applicazione del “ddl sicurezza” in fase di gestazione».
L'obiettivo del decreto secondo Musolino è quello di avere «un magistrato burocrate che si adegua asetticamente agli orientamenti legislativi del momento. Senza capire che l'imparzialità non si raggiunge per legge, ma attraverso un percorso nel quale il giudice deve astrarsi dalle proprie convinzioni ed esperienze personali - conclude -, anche e a maggior ragione quando non sono conosciute all'esterno, di fronte al caso specifico che si trova ad affrontare, sulla base della corretta interpretazione della norma».