L'attacco da parte del Governo al procuratore Stefano Musolino non è passato inosservato. È stato etichettato ormai da più forze del governo come una toga rossa, ma non è stato lasciato solo, soprattutto a Reggio Calabria. Nella sua città qualcosa si è mosso. Qualcosa si sta muovendo. 

«Noi riteniamo che i magistrati non vadano lasciati soli. È per questo che abbiamo lanciato questo presidio di solidarietà al procuratore aggiunto Stefano Musolino, che noi, fra l'altro, riteniamo un simbolo di questo paese nella lotta alla 'Ndrangheta e alla criminalità organizzata». Lo ha detto Francesco Nicolò, segretario comunale della Sinistra Italiana a Reggio Calabria.

«Crediamo anche che questa destra e questo Governo abbiano in mente un piano un po' più ampio rispetto al semplice attacco a un singolo procuratore. Anche perché riteniamo, fra l'altro, che tutto si risolverà in un nulla di fatto. Il punto è che questo Governo tende a trascinare l'Italia verso una deriva autoritaria. Noi questo lo riteniamo chiaramente inaccettabile, e lo vediamo sia con gli attacchi costanti alla magistratura, che tendono a minare l'indipendenza di questo organo fondamentale, sia nei confronti di noi cittadini. Lo vediamo, ad esempio, con l'approvazione del Ddl Sicurezza, che criminalizza il dissenso, istituisce di fatto uno stato di polizia, e arriva a parlare addirittura di "terrorismo della parola". Questo significa che, se io domani dovessi andare a protestare, rischierei fino a vent'anni di carcere. Quindi, questo è lo stato dell'arte in questo paese. Noi lo riteniamo molto grave e faremo di tutto per evitare questa deriva. Per questo abbiamo lanciato questo presidio, abbiamo chiamato a raccolta tutta la società civile, partiti e associazioni. Pensiamo che questa resistenza, fra virgolette, vada proseguita anche in futuro proprio per evitare questa deriva».

Una manifestazione a favore di una posizione, quella del procuratore Musolino, un reggino che ha “osato” sfidare il Governo. Ecco, il territorio non lo ha lasciato solo. La politica non lo sta lasciando solo. E tanti sono stati i politici territoriali a prendere parte al presidio tra questi il segretario provinciale del Pd Antonio Morabito.

«La politica non lo sta lasciando solo, perché noi riteniamo che un magistrato possa esprimere le sue opinioni. Anche perché non si trattava di un'opinione che riguardava un imputato o un processo, ma di un'opinione su un progetto di legge che ancora non è stato approvato, ossia il decreto sicurezza. È completamente differente dall'affrontare o esprimere una posizione su un processo o un imputato. Altrimenti, come dire, avremmo un bavaglio: non ci sarebbe più una libertà di pensiero e di stampa, e ci si dovrebbe attenere a quella che è la stampa di regime o il pensiero di un governo di destra. Questo governo, da quando si è insediato, non fa altro che emettere provvedimenti che limitano la sicurezza, basandosi più sulla repressione che sulla prevenzione. Noi riteniamo, invece, che al contrario si debba incentivare la prevenzione dei reati e non la repressione, perché questa non porta mai a una diminuzione. Lo abbiamo visto anche con il decreto Caivano, che non ha fatto altro che raddoppiare i detenuti minorenni all'interno delle carceri. Sicuramente, però, non servirà alla riabilitazione o al reinserimento dei minori nella società».

E così le voci sono state plurali ma unanimi per sostenere la posizione del procuratore aggiunto di Reggio Calabria che da anni fa tanto per il territorio e oggi viene accusato di aver preso una posizione anti-governativa. E anche il vicesindaco metropolitano Carmelo Versace ha aderito al presidio. 

«Siamo qui – ha detto – per difendere la posizione di un uomo delle istituzioni, tra le altre cose, che lotta per questo territorio e prova, con la sua professionalità, a dare un contributo di non poco conto. Cerca di migliorare una terra che viene raccontata sempre in termini negativi. Il modo barbaro con cui è stato attaccato e il fatto che lo abbiano esposto come se fosse un delinquente qualunque lasciano molto a desiderare riguardo a chi ci sta governando a livello nazionale. Non si poteva non essere vicini all'uomo e al professionista, non soltanto come cittadini ma anche come istituzioni».

Ad essere messe sotto accusa sono state le parole del procuratore durante un incontro con i No Ponte. Ed è stato proprio Peppe Marra a chiarire che «non era un’iniziativa del movimento No Ponte, ma riguardava proprio il decreto sicurezza, definito decreto Anti-No Ponte. In quel giorno, il procuratore era stato invitato per un'analisi tecnica del decreto sicurezza. Non ha detto nulla riguardo al ponte o a qualcosa di particolare. Ha fatto quello che un qualsiasi cittadino doveva fare. Il procedimento di cui è vittima è assolutamente illegittimo e incostituzionale. Essere qui a manifestare solidarietà era il minimo».