Ci siamo: ancora un paio di settimane e i lavori per la messa in sicurezza delle due gallerie più lunghe della trasversale Jonio-Tirreno potranno finalmente partire. Annunciati da Anas come imminenti nella primavera scorsa e poi postdatati (a tappe e tra mille polemiche) fino alla metà del prossimo aprile, i due cantieri che dovranno rifare il look al tunnel “Torbido” e al traforo di oltre 3 chilometri sotto il monte Limina dovrebbero essere allestiti dalla settimana prossima per poi diventare pienamente operativi entro il 15 del mese, data prevista per l’inizio dei lavori.

Ma mentre i primi componenti del futuro cantiere sono già stati ammassati nelle piazzole di sosta a due passi dalla galleria di valico, sul versante a fianco della montagna, dove si inerpica la stradina provinciale che collega i due versanti e che dovrà sobbarcarsi il traffico notturno della Jonio-Tirreno, tutto tace. E i lavori di adeguamento da parte di Anas che avrebbero dovuto, almeno parzialmente, colmare il gap operativo di una strada pensata e costruita più di un secolo fa, sono rimasti pressocché lettera morta.

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Se si esclude qualche rattoppo all’asfalto nei punti più critici, il percorso della vecchia provinciale è rimasto praticamente identico, nonostante siano intanto passati diversi mesi dalla nostra ultima visita: poco più che una mulattiera di montagna, buona per una escursione naturalistica ma difficilmente adattabile a surrogato di una strada di grande comunicazione.

Ancora pochissime le misure di sicurezza passiva presenti sul tracciato – in molti punti la strada si “apre” pericolosamente, lasciando scoperti i fianchi della montagna – e ancora pressocché assente la segnaletica orizzontale e verticale. Se poi si imbocca la provinciale dal versante tirrenico, diventa un terno al lotto anche solo individuare il giusto percorso verso Mammola, vista la totale assenza di cartelloni indicativi (gli unici presenti, oltre a quelli che indicano l’ingresso nel territorio del parco nazionale d’Aspromonte, sono ormai illeggibili e ricamati con le inevitabili rose di lupara). E quando la strada inizia a scendere verso il fondo valle, le cose non fanno altro che peggiorare.

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Priva di lampioni per l’illuminazione notturna e non coperta da segnale telefonico, la stradina costeggia il fianco della montagna alternando grandi tornanti a strettissime serpentine dietro cui, non di rado, ci si può trovare davanti ad un “muro” di vacche alla ricerca del giusto pascolo. E poi piccole frane un po’ ovunque che restringono pericolosamente la carreggiata e tappeti di foglie marce che rendono molto più complicato il grip dei pneumatici sull’asfalto. Senza contare i tanti alberi strapazzati dall’inverno appena trascorso e che incombono sulle auto in transito.

Tra venti giorni, e per (almeno) i prossimi venti mesi, questa mulattiera di montagna inadeguata e pericolosa diventerà la porta principale (l’unica durante le ore notturne e durante le inevitabili chiusure diurne del traforo) della Locride. Toccherà incrociare le dita.