A tre giorni dalla tragedia, il dolore e lo sconcerto per la morte della giovane di Rizziconi, Denise Galatà, riaffiora pungente ogni volta che ci si imbatte in una sua foto sul web e sui giornali. Morire a 19 anni mentre si è in gita con la scuola resta un fatto inconcepibile. Eppure è successo. Perché Denise e i suoi compagni, impegnati a fare rafting sul fiume Lao, si trovassero nel posto sbagliato al momento sbagliato, è quanto dovrà accertare la magistratura. Dieci persone sono già state iscritte nel registro degli indagati con l’ipotesi di omicidio colposo. Tra loro anche il sindaco di Laino Borgo, il comune nel cuore del Parco del Pollino punto di riferimento di questo sport che mescola adrenalina e natura. Un “atto dovuto” si dice in questi casi, a sottolineare che siamo ancora lontanissimi dall’accertamento delle eventuali responsabilità penali che ruotano intorno a moltissimi interrogativi. 

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Su tutti i dubbi svetta la stessa domanda su cui cinque anni fa fu incardinata l’inchiesta per la tragedia delle Gole del Raganello, quando a perdere la vita furono 10 persone (9 escursionisti e una guida) travolte da un’ondata di piena mentre esploravano i canyon sagomati dal fiume. Era il 20 agosto 2018 e anche in quel caso sulla zona incombeva un’allerta meteo gialla, come il 30 maggio scorso sul fiume Lao. L’allarme fu colpevolmente ignorato? Il processo per la tragedia del Raganello si è concluso nell’ottobre scorso, con la conferma in Appello del “non luogo a procedere” nei confronti dei 10 imputati. Dieci indagati allora come oggi. E anche allora si trattava dei sindaci dei Comuni attraversati dal fiume percorso dall’ondata di piena e dagli organizzatori dell’escursione, tutti prosciolti dai reati di inondazione, omicidio colposo e lesioni personali. I giudici non riscontrarono responsabilità penali e, sebbene penda ancora il ricorso in Cassazione promosso dalla Procura generale contro il proscioglimento, dopo due gradi di giudizio quella tragedia è stata ricondotta nel novero delle fatalità. In attesa che la Giustizia faccia il suo corso anche stavolta, è già possibile però fare considerazioni che nulla hanno a che fare con un’aula di tribunale.

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«Il problema è innanzitutto culturale», insiste il geologo Carlo Tansi che da tempo conduce una battaglia quasi solitaria contro l’errata percezione delle allerte meteo. Cinque anni fa, all’indomani della strage del Raganello, quando ancora rivestiva il ruolo di capo della Protezione civile della Calabria, affermò a chiare lettere che «l’allerta gialla non è una fesseria, con l’allerta gialla ci possono essere anche dei morti». Le stesse parole che ripete oggi: «Manca la cultura della prevenzione perché c’è una scarsa sensibilità a queste tematiche. La gente crede che solo con le allerte meteo arancione o rossa ci siano pericoli concreti. Niente di più sbagliato, perché i diversi colori non indicano il grado di pericolosità ma solo l’estensione dei fenomeni metereologici». D’altronde, la “Direttiva sul sistema di allertamento regionale per il rischio meteo idrogeologico ed idraulico in Calabria”, che lo stesso Tansi ha contribuito a scrivere e adottata con giunta regionale nel 2017, parla chiaro: con allerta gialla i fenomeni possono essere “localizzati”, mentre con quella arancione e rossa sono definiti rispettivamente “diffusi” ed “estesi”. Ma degli stessi fenomeni metereologici si tratta e in tutti i tre gradi di allerta, gialla compresa, si mette in guardia dalle “possibili perdite di vite umane”. In altre parole, con il primo grado di allerta, da qualche parte può splendere il sole o piovigginare, mentre altrove può verificarsi un temporale devastante

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Che il fiume Lao che ha inghiottito Denise fosse ingrossato e particolarmente impetuoso a causa del mese di maggio forse più piovoso della storia è un dato di fatto. Che non esista un obbligo di legge che imponga di fermare le attività all’aperto in caso di allerta meteo gialla è un’altra certezza. Ma dalle prime testimonianze dei compagni di Denise emerge che il giorno della tragedia il fiume faceva davvero paura e anche le guide avevano grandi difficoltà a gestire la comitiva di ragazzi e docenti divisi su sette gommoni. Più volte durante la parte iniziale del percorso, prima del momento più drammatico, molti sono finiti in acqua e sono stati recuperati per proseguire.

Oggi a Papasidero, altro centro del Parco del Pollino che ha il Lao come cuore pulsante della sua economia, ogni attività sul fiume è sospesa. Non risulta invece alcuna ordinanza di stop nel comune di Laino Borgo, territorio dove passa il tratto di fiume lungo il quale tre giorni fa è morta la 19enne.
Un provvedimento adottato «in segno di vicinanza e solidarietà ai familiari della giovane vittima», ha spiegato il primo cittadino di Papasidero, Fiorenzo Conte nella sua ordinanza, dove però si legge anche che «il protrarsi delle condizioni meteo avverse con possibile ed imprevedibile ingrossamento del fiume Lao e dei relativi affluenti», rende opportuno «in applicazione del principio di massima precauzione, al fine di salvaguardare la privata e pubblica incolumità, interdire l’accesso e/o il transito per qualsivoglia finalità nel fiume Lao e affluenti», fino a data da destinarsi.
Sorvolando su quel “imprevedibile ingrossamento del fiume”, perché è difficile immaginare una cosa più prevedibile di questa dopo un mese di piogge incessanti, è doloroso sottolineare che le condizioni meteo di oggi, cioè allerta gialla su tutta la Calabria, non sono diverse da quelle di tre giorni fa, quando Denise non è più tornata dalla gita con i suoi compagni di scuola.