«Dopo due anni e mezzo di buio una notizia positiva che riaccende una piccola speranza» commentano così papà Raffaele e mamma Sabina la notizia della chiusura delle indagini per ben 16 persone per la morte del diciannovenne Mattia Albace di Conflenti. Il giovane – si legge in una nota stampa del gruppo Giesse risarcimento a cui la famiglia si è affidata - morì a seguito di un incidente stradale avvenuto il 19 dicembre 2019 nel comune di Dipignano, nel tratto dell’A2 compreso tra gli svincoli autostradali di Cosenza Sud e Altilia.

La famiglia di Mattia Albace: «Vogliamo giustizia»

«Vogliamo giustizia per Mattia: quello che gli è successo non doveva accadere. Mio figlio è morto: è capitato a lui, ma poteva capitare a chiunque» prosegue con la voce rotta dal pianto la mamma Sabina «mi sembra ancora tutto assurdo; la notizia di questi giorni è solo un piccolo passo, ma è giusto che chi ha sbagliato paghi per quello che è successo. Abbiamo fiducia nella giustizia e siamo grati alla Procura per il lavoro svolto finora perché sono successi troppi incidenti in quel tratto di strada nei mesi precedenti a quel maledetto giorno che ci ha portato via Mattia: c’era sicuramente qualcosa di anomalo nell’asfalto».

La realizzazione del tratto A2

«Ne hanno dette di ogni su nostro figlio: che corresse addirittura a 150 km/h oppure che non indossasse le cinture di sicurezza; ogni volta è come se ce lo uccidessero nuovamente» interviene Raffaele Albace, il padre «Mattia, invece, è morto perché la strada non era fatta a regola d’arte: non si può giocare con la vita delle persone per risparmiare soldi».

Il consulente incaricato dal Pubblico Ministero, Fausto Carelli Basile, avrebbe infatti accertato - si evidenzia nel comunicato - che Mattia Albace alla guida della Fiat Punto procedeva ad una velocità inferiore al limite vigente in quel tratto, e che indossava le cinture di sicurezza. Inoltre, per quanto riguarda lo stato di quel tratto di strada in cui ha perso la vita Mattia «la causa del rapido decadimento delle caratteristiche dell’aderenza del tappeto d’usura è attribuibile alla scarsa qualità degli inerti utilizzati per la formazione del conglomerato bituminoso».