Il gip del Tribunale di Vibo Valentia, Francesca Del Vecchio, ha archiviato la posizione di dieci medici dello Jazzolino finiti sul registro degli indagati per il decesso di Tiziana Lombardo, la 37enne originaria di Paravati di Mileto, ma residente a Santa Domenica di Ricadi, morta in ospedale nel gennaio del 2017 dopo aver dato alla luce una bimba di nome Giada.

L’archiviazione dall’accusa di concorso in omicidio colposo è stata decisa dal giudice per: Rocco Fiaschè (cl. ’61) di Rosarno (avvocato Raimondo Paparatti); Salvatore Falcone (cl. ’73) di Vibo (avvocati Marcella Vangeli e Giuseppe Monteleone); Antonella D’Alessandro (cl. ’60) di Vibo (avvocato Letteria Porfida); Tommaso Sirgiovanni (cl. ’59), originario di Gerocarne, residente a Vibo (avvocato Giuseppe Mammone); Pasquale De Bartolis (cl. ’53) di Vibo (avvocato Michelangelo Miceli); Daniela Fusca (cl. ’72) di Lamezia Terme (avvocato Pietro Chiappalone); Gianfranco Marataro (cl. 58) di Vibo (avvocato Giuseppe Altieri); Marianna Carnevale, (cl. ’53) di Vibo (avvocato Giuseppe Orecchio); Oscar Cervadoro (cl.’53) di Lamezia Terme (primario all’ospedale di Vibo, difeso dall’avvocato Antonio Fuscà);  Vincenzo Mangialavori, (cl. ’70), di Vibo (avvocato Sandro Mauro).

Parte offesa  Antonio Libertino, marito di Tiziana Lombardo, assistito dagli avvocati Giuseppe Catalano e Francesco Ruffa. Gli indagati ora archiviati sono tutti medici in servizio nel reparto di Ginecologia dell’ospedale di Vibo Valentia dove la donna si trovava ricoverata.
Omicidio colposo l’ipotesi di reato per la quale i sanitari erano stati iscritti sul registro degli indagati. Sino alla tragedia nulla avrebbe fatto presagire ai medici il tragico epilogo di un parto naturale andato per il meglio con la nascita della bimba. La donna – alla sua seconda gravidanza – ha accusato un malore perdendo i sensi mentre stava per allattare la piccola Giada. Quindi la disperata corsa dei medici per sottoporre Tiziana ad esami di laboratorio e strumentali al fine di capire l’origine del malore. Poi l’immediato trasferimento in sala operatoria dopo una diagnosi che parla di un’emorragia addominale massiva capace di mandare in arresto cardiaco per ben due volte Tiziana prima dell’intervento chirurgico.

Le motivazioni del giudice

Antonio Libertino, marito della donna, lamentava una colposa omissione e il ritardo nella diagnosi utile ad un adeguato trattamento dell’emorragia endoperitoneale che ha condotto alla morte Tiziana Lombardo.
Per il giple risultanze probatorie in atti non appaiono idonee a sostenere l’imputazione coatta o ad accogliere le richieste avanzate dalla persona offesa in merito alle ulteriori indagini da esperire. Come emerso dalla Ctu medico-legale, non può dubitarsi circa il ritardo nell’effettuazione della diagnosi e del conseguente trattamento sanitario effettuato. Infatti, il trasferimento in sala operatoria della paziente doveva avvenire in tempi sensibilmente più rapidi rispetto all’orario di entrata concretamene avvenuto. Tuttavia, allo stesso tempo, non può trascurarsi la difficoltà diagnostica – spiega il giudice – della patologia che ha cagionato la morte di Tiziana Lombardo. Infatti, la rottura dell’aneurisma dell’arteria splenica, riconducibile allo stato di iperestrogenismo gravidico, determina un’emorragia di difficile identificazione e correzione chirurgica, sia per le dimensioni della rottura (1,2 cm di circonferenza) che per la localizzazione (in prossimità dell’ilo)”.

Nel caso di specie, quindi, ad avviso del giudice, “anche a fronte di eventuali comportamenti colposi posti in essere dall’agente, non può comunque prescindersi dall’accertamento circa la sussistenza del nesso eziologico tra la condotta e l’evento”. Anche la Cassazione ha stabilito che per affermare la responsabilità penale di un medico per la morte di un paziente “non è sufficiente la condotta colposa del sanitario, ma occorre anche la prova controfattuale che ove l’imputato avesse posto in essere l’azione diagnostica e terapeutica colposamente omessa, l’andamento della malattia sino al suo esito letale avrebbe subito significative variazioni rispetto all’andamento in concreto tenuto”.

La rapida ed urgente attuazione delle procedure mediche indicate dal marito della persone offesa nella denuncia e nell’atto di opposizione, ad avviso del gip “non avrebbe comunque, oltre ogni ragionevole dubbio, scongiurato o quantomeno ritardato il decesso della Lombardo. Per giunta, non è possibile neanche stabilire con certezza a quale degli indagati siano ascrivibili le condotte colpose, omissive e dilatorie. Dalle risultanze probatorie non si può individuare con chiarezza il momento preciso in cui il ritardo diagnostico e terapeutico, che ha comportato la procastinazione dell’intervento chirurgico, si sia verificato e, di conseguenza, gli effettivi responsabili dello stesso. Pertanto, anche la richiesta dell’opponente di allargare l’indagine ad altri soggetti, sembra più attinente ad una chiamata in causa della struttura ospedaliera piuttosto che dell’equipe medica. Giudizio, questo, confacente all’ambito civilistico”. Da qui l’archiviazione del procedimento penale a carico dei dieci medici.