VIDEO | E sulle coste reggine gli sbarchi proseguono. Ieri sera altri 88 profughi intercettati mentre erano a bordo di una barca a vela al largo di Roccella Jonica
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Mentre un terremoto giudiziario e politico scuote il Comune e la città Metropolitana di Reggio Calabria, che deve ancora mettere a punto l’accoglienza al porto e quella in struttura prima del trasferimento, gli sbarchi dei migranti proseguono. Neppure le condizioni meteo avverse fermano il flusso che anche in queste ultime ore - una barca a vela con 88 uomini a bordo è stata soccorsa 16 miglia al largo dalla guardia di finanza - ha interessato il porto di Roccella Jonica, nel 2021 quello più investito dagli approdi. Quasi 60 gli sbarchi nel reggino e di questi la quasi totalità ha riguardato Roccella Jonica, in misura minore Reggio Calabria e anche Capo Bruzzano, Bianco, Brancaleone, Palizzi, Ardore, Bova Marina e Bovalino.
Con gli arrivi delle ultime ore, superati i 5mila migranti, prevalentemente uomini, approdati sulle coste reggine da febbraio ad oggi. Un migliaio i minori accompagnati e non. Egiziana, siriana, pakistana, afghana, le nazionalità principali ma il dato rilevante riguarda l’età che si è notevolmente abbassata. Sono tutti molto più giovani. Le donne restano in minoranza poco più di trecento su cinquemila, un dato rimasto costante a meno del picco di tremila, ma su oltre 16.500 persone sbarcate, raggiunto nel 2015.
A Reggio, le incognite dell’Accoglienza
Intanto pare ancora tutto fermo al porto di Reggio Calabria dove, sulla scorta di quanto emerso in occasione dello scorso Consiglio Comunale, prima della recente sospensione del sindaco Giuseppe Falcomatà, torna ad essere programmato l’allestimento di una tendostruttura per la primissima accoglienza da espletare subito dopo lo sbarco. Operazione per la quale già da tempo è stata accordata dall'autorità portuale dello Stretto la relativa autorizzazione «con l’unica prescrizione – spiega il presidente Mario Mega - che le strutture montate siano regolarmente certificate rispetto all’installazione, per ovvie ragioni di sicurezza, e con l’impegno alla rimozione quando non vi sia più bisogno». Un'autorizzazione che è frutto di una interlocuzione con l'autorità portuale dello Stretto avviata tempo fa.
«Nel corso di una apposita riunione in Prefettura a Reggio, - ha spiegato ancora il presidente dell'autorità portuale dello Stretto Mario Mega - di diversi mesi fa abbiamo dato disponibilità di un’area della superficie equivalente a quella occupata precedentemente dall’hot spot (9 m di profondità x 70 m di lunghezza). Successivamente abbiamo ricevuto una richiesta del Comune di Reggio per l’installazione di tende per accoglienza migranti della Protezione Civile che abbiamo autorizzato già dalla fine luglio scorso. L'installazione delle suddette tende avrà una durata legata al soddisfacimento delle esigenze» ha concluso il presidente dell'autorità portuale dello Stretto, Mario Mega.
Dunque mentre si resta ancora in attesa che questa tendostruttura sia allestita, a seguito degli allacci di acqua ed elettricità necessari, da alcune settimana la nave quarantena, per l'accoglienza di migranti positivi la covid, è ormeggiata al porto di Reggio Calabria.
Resta anche da capire dove e quando saranno allestiti moduli abitativi per la primissima accoglienza. Insomma tutto ancora in itinere, mentre sbarchi spontanei e non continuano a registrarsi in Calabria.
L’annuncio rimasto tale
«Siamo una città di primissima accoglienza che fa i conti con un fenomeno che non è più quello di alcuni anni fa, quando il contesto organizzativo in cui operavamo era molto diverso e più articolato. L'emergenza umanitaria che tocchiamo con mano non ci lascia certamente indifferenti e, per questo, siamo consapevoli di dover fare di più oggi per queste persone disperate e di dover trovare soluzioni più adeguate a quelle finora messe in campo allestendo delle strutture sportive e distogliendo dalla loro naturale destinazione. Per questo stiamo lavorando adesso per l'allestimento di attendamenti al porto, dopo avere avuto l'autorizzazione dell'autorità portuale dello Stretto», spiegava il sindaco Giuseppe Falcomatà, ad oggi sospeso dalla carica a seguito della sentenza sul caso Miramare, in occasione dell'ultimo Consiglio comunale svoltosi lo scorso 27 ottobre.
I dati: dai 14mila nel 2014 dai 5mila nel 2021
Oltre 14 mila (di cui oltre mille minori non accompagnati) nei venti sbarchi nel 2014, oltre 16 mila (di cui oltre mille minori non accompagnati) nei trentadue del 2015, oltre 15 mila (di cui quasi 2mila minori non accompagnati) negli altrettanti nel 2016, quasi 8mila nei quindici nel 2017: ecco il quadro dei dati di questi anni. Un quadro che evidenzia un numero contenuto di sbarchi ma con numero di persone di gran lunga superiore, anche rispetto a quello degli anni successivi (314 migranti in quattro sbarchi nel 2018 e 129 in due sbarchi nel 2020) e quello dell'anno corrente. Sono giunte a Reggio anche 68 salme, anche di neonati, che riposano ancora nel cimitero di Armo che accoglie migranti non sopravvissuti al mare. Il cimitero è oggi al centro di un progetto di riqualificazione, finanziato con fondi della Caritas italiana e donazioni, tra le quali quella dell’arcidiocesi tedesca di Paderborn che ha inviato, grazie all’intercessione dell’attivista in mare Martin Kolek, 16mila euro.
La testimonianza
«Nel 2013 nacque il coordinamento ecclesiale sbarchi. Abbiamo sentito che volevamo e dovevamo stare vicino a questa umanità sofferente. Oggi la Caritas è impegnata solo a Reggio, con un centinaio di volontari e volontarie, per la prima accoglienza dei migranti al porto», ha spiegato la volontaria Bruna Mangiola, reduce dalla recente riunione a Roma del coordinamento nazionale immigrazione della Caritas.
«Acqua, succhi, merendine, ciabatte infradito ma soprattutto la nostra mano tesa e il nostro amore. Ecco cosa abbiamo donato ai nostri fratelli e alle nostre sorelle in questi anni al porto. Continuiamo ad esserci, senza stancarci e credendo che restare umani sia l’unico modo possibile per vivere in un mondo che si dimostra pieno di luoghi insicuri, dai quali scappare per trovare altrove rifugio, protezione, opportunità. Continuiamo ad accogliere al porto di Reggio e negli anni scorsi abbiamo anche contribuito all’accoglienza delle persone giunte nella nostra città attraverso i corridoi umanitari. Un’esperienza di grande profondità che ancora convintamente portiamo avanti e che, nel 2015, ci ha fatto il dono di diventare anche nazionale e internazionale. Reggio era città di approdi costanti e centinaia di volontari e volontarie venivano a dare una mano di aiuto e un sorriso anche da altre regioni d’Italia e dall’estero», ha raccontato ancora Bruna Mangiola.
Il fenomeno migratorio di ieri e di oggi
Inizia e termina a bordo di una imbarcazione assolutamente precaria, presagio di una tragedia tra le onde che forse riuscirà ad essere evitata. Forse. È il viaggio disperato di tanti esseri umani in fuga da violenza, guerre, persecuzione e povertà che torna ad avere questi connotati con rotte verso l’Europa che dall’Africa sisono spostate al Medio Oriente. Il soccorso internazionale in mare, seppure mai messo in atto e sostenuto da tutta l’Europa e con l'Italia anche per ragioni geografiche sempre particolarmente esposta, ad oggi molto cambiato e depotenziato, complici gli avvicendamenti politici in Italia, le accuse mosse alle ong di favorire l’immigrazione clandestina e le relative inchieste avviate.
Unitamente agli approdi spontanei, che di recente hanno iniziato nuovamente a segnare le nostre coste, ci sono anche quelli preceduti dall'affiancamento di guardia costiera o guardia di finanza fino a riva dove poi sbarcano ma senza più alcun coordinamento sanitario tra il soccorso in mare e l'accoglienza a terra. Una situazione che richiede, ai porti di approdo e alle città chiamate all'accoglienza, un'ulteriore attenzione in termini di organizzativi.
Da Mare Nostrum a Irini, il soccorso in mare depotenziato
Nel 2013 fu il tempo della missione Mare Nostrum, operazione di iniziativa italiana costata quasi 10 milioni di euro con impegno dei mezzi di Marina Militare, Guardia costiera, Aeronautica, Guardia di finanza. Essa si snodò tra l'ottobre 2013, all’indomani del tragico naufragio a largo di Lampedusa in cui persero la vita con 368 persone, e l'ottobre del 2014. Nel week end prima di Ferragosto, quell'anno arrivarono al porto di Reggio Calabria 1700 in un unico sbarco. I migranti salvati e soccorsi nel mar Mediterraneo furono 160 mila; centinaia gli scafisti consegnati alla giustizia.
Seguì l'operazione Triton di iniziativa europea, dispiegata da Frontex (l'Agenzia europea delle frontiere), costata quasi tre milioni di euro. Quella missione coinvolse Italia, Islanda, Finlandia, Norvegia, Svezia, Germania, Paesi Bassi, Francia, Spagna, Portogallo, Austria, Svizzera, Romania, Polonia, Lituania e Malta. Rispetto a Mare Nostrum, questa operazione ebbe il limite di non spingersi fino alle coste libiche ma di restare in un'area entro 30 miglia dalle coste italiane. Salvò 6mila migranti.
Seguì l'operazione Themis, avviata nel febbraio del 2018 nel Mediterraneo centrale per assistere l'Italia nelle attività di controllo alle frontiere, di soccorso in mare, concentrandosi sulle rotte dei flussi provenienti da Algeria, Tunisia, Libia, Egitto, Turchia e Albania, di ricerca dei foreign fighters e individuazione di altre minacce terroristiche alle frontiere esterne.
Per contrastare il traffico di esseri umani, dal 2015 e in proroga fino al 2020, è stata condotta la missione militare europea sotto comando italiano denominata Sophia. Essa aveva con l'obiettivo specifico, tra gli altri, di individuare, fermare e mettere fuori uso imbarcazioni e mezzi usati o sospettati di essere usati dalle organizzazioni dedite alla tratta di esseri umani. Ad oggi in mare, per condurre ispezioni su imbarcazioni sospettate di trasportare armi o materiale similare da o verso la Libia, secondo quanto previsto dalla risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, è attiva la missione Irini che, tuttavia, non si occupa strettamente di soccorso in mare.