Il naufragio del 17 giugno al largo della Calabria che è costato la vita a 36 persone tra cui tanti bambini è stato blindato da un cordone istituzionale che impedisce ai cronisti di fare il proprio lavoro. Intanto i parenti delle vittime raggiungono la Calabria da tutta Europa
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Dal Regno Unito, dalla Germania, dalla Svezia: arrivano a Roccella un po’ da tutta Europa i familiari delle vittime dell’ennesima tragedia del mare sulla “rotta turca”. Un viaggio carico di tristezza, iniziato poche ore dopo che le prime notizie del naufragio hanno iniziato a rimbalzare sulle Tv e su internet. Un flusso costante di persone che, raggiunta la Calabria, si è trovata spiazzata, anche, dalla frammentazione dei luoghi in cui sono custodite le salme.
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La strage silenziata
Trentasei le salme finora recuperate, qualcuna sistemata nelle morgue degli ospedali di Locri e Polistena le altre, comprese le ultime cinque fatte sbarcare a Crotone lunedì notte (al riparo dai giornalisti), adagiate in un container frigo all’interno del blindatissimo porto di Gioia Tauro, dove qualche giorno fa era attraccata con il suo carico di morte (sempre di notte e sempre lontano dai giornalisti), anche la motonave Dattilo della Capitaneria di porto.
Un “basso profilo” tenuto dalla autorità che ha fatto il paio con le più che frammentarie notizie divulgate ai giornalisti: a distanza di più di una settimana dai fatti, nessun punto stampa è stato ancora organizzato, e i pochi aggiornamenti ufficiali diffusi da prefettura e capitaneria, sono rimasti circoscritti a scarni comunicati spesso in contraddizione tra loro. «Si vuole continuare a tenere lontano la stampa dai luoghi dove si svolgono attività che coinvolgono i migranti – scrivono in una nota i cronisti di Crotone a cui è stato impedito l’accesso al porto durante le operazioni di trasbordo dei cadaveri – E questo accade sempre più spesso quando avvengono eventi tragici come il recente naufragio di Roccella Ionica. Tutto questo è inaccettabile, in più occasioni abbiamo percepito come non gradita la nostra presenza al porto, avvertendo un clima ostile nei nostri confronti».
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Un’aria pesante che si respira anche sulle banchine del porto di Roccella: anche qui infatti, per la prima volta in oltre 20 anni di continui approdi, anche tragici, le operazioni sono state effettuate sulla banchina più lontana e a molta distanza dai giornalisti. E di aria pesante parla anche l’associazione Mem.Med – memorie mediterranee – che in una nota di aggiornamento sul naufragio a largo di Roccella parla della strana cappa che sembra calata sull’ennesima tragedia del mare: «Il naufragio del 17 giugno, al contrario di Cutro – scrivono – è stato completamente ignorato. Nessuna camera mortuaria con file di bare ha occupato la televisione pubblica, nessun cordoglio delle istituzioni, nessun commento delle cariche di governo e dello Stato. Da un punto di vista mediatico, dove non si sono potuti vedere i corpi, le bare, il dolore straziante, la narrazione si è ritratta, lasciando un grande vuoto».