VIDEO | il direttore della Caritas di Crotone - Santa Severina, don Rino Le Pera lancia un appello per colmare il vuoto legislativo: «Finché ci saranno persone e minori in mezzo alla strada, io non posso far finta che il caso non esista»
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È la Caritas diocesana di Crotone - Santa Severina che si è fatta carico della famiglia di migranti destinataria di un decreto di respingimento, che era stata accompagnata alla stazione ferroviaria ma impossibilitata a partire perché non ancora in possesso del super green pass.
Sette persone, tra cui quattro minori, avrebbero trascorso la notte per strada se non fosse intervenuta la Caritas, allertata da alcune associazioni del terzo settore. Ora, sono ospiti di una struttura a Torre Melissa, ma insieme a loro, quel giorno c’erano altri migranti, tra cui un minore, che non è stato possibile accogliere perché «hanno fatto perdere le loro tracce» ci spiega il direttore della Caritas di Crotone - Santa Severina, don Rino Le Pera.
Un vuoto legislativo
Insomma, queste persone non possono restare in Italia, ma non possono neanche partire: «È evidente – commenta don Rino - che si tratta di un vuoto legislativo. Una famiglia straniera irregolarmente presente sul territorio perché rifiuta la protezione internazionale deve lasciare il territorio italiano, ma non potendo ottemperare al provvedimento, in mancanza della documentazione necessaria, chiedo l’aiuto delle autorità competenti affinché la segnalazione del vuoto legislativo venga fatta e, laddove è possibile colmarlo, provvedere a far loro lasciare il territorio nazionale. Il rischio è che, se si continua così, dovremmo affrontare situazioni di emergenza in pieno gennaio, che metteranno in crisi anche il nostro sistema, che non può provvedere per legge e non può provvedere per i numeri».
Serve sospensiva ai decreti di respingimento ed espulsione
L’appello di don Rino è accorato: «Se prima non vengono completati i processi di vaccinazione necessari per potersi spostare da un luogo all’altro, vengano quanto meno sospesi i decreti di respingimento ed espulsione, vengano eseguiti nel momento in cui è possibile per queste persone lasciare il territorio italiano. Altrimenti, sebbene aiutato dalle realtà del terzo settore, mi ritrovo da solo ad affrontare situazioni pesanti, enormi, e finché ci saranno persone e minori in mezzo alla strada, io non posso far finta che il caso non esista».
Intanto, la Caritas sta provvedendo a far completare il ciclo vaccinale alla famiglia ospitata: «Abbiamo richiesto il rilascio di un codice fiscale temporaneo per i genitori che avevano già eseguito la prima dose in Iraq, abbiamo fatto somministrare la prima dose ai minori, ma adesso dobbiamo avere il tempo perché trascorrano i ventuno giorni necessari per la seconda dose».
Don Rino resta comunque ottimista: «Credo che il buon senso debba prevalere e laddove qualcosa non è possibile realizzarla, nessuno è tenuto a compierla. Sono certa della collaborazione, ma il mio appello è rivolto alle istituzioni nazionali: aiutateci affinché queste situazioni non si verifichino più, non solo a Crotone, ma in tutta Italia».
Migrante positivo abbandonato in strada
Mentre don Rino si trovava a cercare di risolvere questa situazione, si è registrato un altro spiacevole episodio, che ha visto protagonista un altro migrante senza fissa dimora, che solitamente trascorre la notte nel dormitorio della Caritas di Crotone, «un rifugio temporaneo notturno, non adibito ad accoglienza diurna» precisa.
Poche sere fa, il giovane ha avuto delle convulsioni ed è stato allertato il 118, che l’ha trasportato in ospedale, dove è stata accertata la sua positività al Covid.
«Dopo una giornata, durante la quale sono stati fatti accertamenti per capire le cause delle convulsioni, mi pare non legate al virus, il ragazzo è stato dimesso perché non c’erano posti disponibili nei reparti Covid, a detta del medico di turno, neanche in tutta la Calabria, che è da verificare. Quello che però è grave e che voglio denunciare è che il ragazzo, nell’essere dimesso, è stato lasciato di fronte alla Caritas, a serrande chiuse. Io non sono il garante della salute locale, ma di fronte a quest’altra emergenza, mi sono trovato nella condizione di dover mettere a rischio la vita di altre persone, perché è rientrato nel dormitorio. Siamo riusciti a isolarlo per quanto possibile, ma non abbiamo potuto abbassare la guardia».
Don Rino chiede aiuto
Nelle ore successive, grazie alla collaborazione di altre realtà del terzo settore, «siamo riusciti, visto che era un richiedente asilo, a farlo entrare nella rete Sprar e oggi è ospite in una appartamento Covid dello Sprar».
Don Rino è disorientato e amareggiato: «Io chiedo alle autorità competenti di dirmi cosa devo fare, non sono io a dover trovare soluzioni o a dovermi sostituire a chi è chiamato nell’emergenza a prendere decisioni e a trovare soluzioni. A volte mi sembra che la prima lotta io debba farla con chi dovrebbe garantire che questa emergenza non diventi potenzialmente pericolosa».