Dopo avere scandito in particolare l'estate nella Locride, si sono intensificati gli sbarchi anche al porto di Reggio Calabria dove in poco più di un mese sono arrivati oltre seicento migranti di nazionalità egiziana, siriana, irachena e iraniana, in fuga da guerre, violenza e povertà. Di questi trecentosessanta in due recenti sbarchi avvenuti in soli tre giorni. Non si ferma la loro fuga che di fatto è per la sopravvivenza a condizioni di estrema indigenza e pericolo e che alimenta la gravissima e intollerabile piaga del traffico di esseri umani. Le rotte di questi ultimi giorni hanno prediletto la costa ionica reggina e avuto come area di approdo lo Stretto tra Reggio e Messina. Tra gli ultimi due sbarchi a Reggio, altri duecento migranti sono arrivati a Messina.

Al porto solo acqua e tampone 

Nonostante il Comune di Reggio avesse bandito l'allestimento della tendostruttura al porto già lo scorso maggio, ad oggi, essa manca ancora e dopo giorni di mare e stenti le persone che toccano finalmente la terraferma devono essere trasferiti in altro luogo prima di poter essere sottoposti al controllo sanitario. Stante l'emergenza stringente della pandemia, al momento dell'arrivo i migranti sono ristorati con acqua e sottoposti a tampone, le uniche azioni eseguibili al porto specie in caso di approdi in ore con scarsa luce.

Il primo triage sanitario ad opera dell’Usmaf e le attività di identificazione e fotosegnalamento ad opera della questura devono avvenire presso altre strutture, di fatto l’area di ingresso dello stadio Granillo accanto agli impianti sportivi Piero Viola e Giulio Campagna, rispettivamente noti come lo Scatolone e il Palloncino, messi a disposizione dal Comune di Reggio e adattati per l'occasione al pernottamento con delle brande. Vi era stato un utilizzo della scuola dismessa Radice Alighieri, ad Arghillà nord, che le contestazioni dei residenti, in realtà rivolte al Comune per la carenza d’acqua, i rifiuti e il degrado, non ha reso più praticabile. Gli impianti sportivi restano, al momento, le strutture adibite alla prima accoglienza.

Già la scorsa settimana l'assessora comunale allo Sport, Giuggi Palmenta, aveva sottolineato l'inadeguatezza di quei plessi per le attività di controllo sanitario e aveva rilanciato l'impegno dell’amministrazione comunale per individuare siti alternativi agli impianti adibiti allo svolgimento delle attività di associazioni e società sportive, già compromesse dalle sospensioni dovute proprio alla stessa emergenza sanitaria. Al momento tuttavia ancora la questione resta aperta e irrisolta e anche l'impasse burocratica, che già ad agosto era stato di ostacolo alla predisposizione della tendostruttura al porto, pare non essere stata evidentemente ancora superata. Eppure la tendostruttura era stata tra gli elementi funzionali all'accoglienza che aveva consentito alla città di Reggio Calabria e al suo porto di frontiera di essere, tra il 2016 e il 2017, tra i quattro più sotto pressione in Italia, unitamente a quelli di Augusta, Catania e Trapani, quando ad arrivare erano in migliaia, anche giovanissimi, senza sosta, con il loro carico di dolore e paura.

Rimane prezioso il coordinamento della prefettura, il contributo delle forze dell'ordine, del personale medico e infermieristico insufficiente nei numeri ma straordinario per la dedizione. Gli degli uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera Usmaf, dei volontari di Croce Rossa, Protezione civile, Guardie Ambientali d'Italia e Coordinamento diocesano Sbarchi. Tuttavia servono strutture di prima accoglienza adeguate e il più possibile prossime al luogo dello sbarco, e un'organizzazione che faccia tesoro dell'esperienza acquisita in passato, per alleviare i disagi di persone già stremate e sofferenti.