Neanche più un morto nel Mediterraneo”. Parole tradite dalla storia. Soltanto in Calabria nell’ultimo anno e mezzo la tragedia di Cutro del febbraio dello scorso anno e quella quasi completamente “taciuta” di Roccella Jonica dello scorso giugno. Un naufragio negato che si inquadra in un frangente storico che "naviga a vista" tra il tentativo di minimizzare il fenomeno migratorio e quello di normalizzare un approccio approssimativo e superficiale. Nonostante si tratti di persone e di diritti fondamentali da rispettare in democrazia.

Dopo il naufragio a largo di Lampedusa il 3 ottobre 2013, “Neanche più un morto nel Mediterraneo” fu l’appello lanciato dalle istituzioni nazionali ed europee. Parole inghiottite dal Mediterraneo dove, secondo i dati dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Iom), finora sono oltre 1400 i morti e dispersi. Nel decennio compreso dal 2014 al 2023 si stima che abbiano perso la vita almeno 29mila persone.

3 ottobre 2013

Oggi a Lampedusa il comitato Tre Ottobre celebrerà la Giornata della memoria e dell'accoglienza, istituita dalla legge 45/2016, per ricordare le 368 vittime del naufragio di un'imbarcazione libica. Una delle più gravi catastrofi marittime nel Mediterraneo dall'inizio del XXI secolo. Il comitato tre ottobre chiuderà con oggi la quattro giorni legata al progetto Protect People Not Borders. Presenti 500 studenti da sei paesi europei. Crotone è la città calabrese ad aver aderito alla campagna.

3 giugno 2016

Reggio Calabria ha il suo appuntamento con la memoria delle vittime delle migrazioni il 3 giugno di ogni anno, con la celebrazione al cimitero dei migranti di Armo. Una data simbolica per il territorio che ricorda l’accoglienza oltre la vita della comunità di Reggio Calabria nel 2016 quando dopo l’approdo al porto di 45 salme di migranti morti in mare, il Comune mise a disposizione un terreno nella zona collinare di Armo per la loro sepoltura.

Lampedusa, dove sono sbarcati mille migranti in 24 ore, ricorda oggi. Un’iniziativa particolarmente necessaria per centrare l’attenzione sulle persone.

Il dramma umano su cui "si infrange" la nostra civiltà

Il fenomeno migratorio non può e non deve essere sottaciuto perché divenuto scomodo o politically incorrect. Invasione del Paese e difesa dei confini dai migranti piuttosto che crisi umanitaria e dovere di protezione delle persone. Cozzano le parole come i fatti con i valori di democrazia e libertà.

Si impone nella cronaca il caso Open Arms, con la Lega scesa in piazza anche a Reggio e in Calabria per difendere l’operato dell’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini. Nel 2019 negò l’autorizzazione ad entrare in porto alla nave della ong con a bordo 147 migranti soccorsi nel Mediterraneo. Oggi l’accusa chiede sei anni di carcere nel relativo processo per quella decisione.

Quel clima già orientato a un profilo basso, ne risulta condizionato al punto da suggerire azioni in sordina, non riconoscendo alla questione migratoria la centralità globale che le spetta. Così la visita nelle scorse settimane di Laura Lega, capo dipartimento per le Libertà Civili e l'Immigrazione del Viminale, nell’hotspot di prima accoglienza al porto di Reggio Calabria appena allestito sul molo di ponente del porto di Reggio Calabria, è avvenuta completamente sottotraccia e senza stampa. Dalle autorevoli presenze, essa ha avuto tutte le sembianze di una inaugurazione ma senza giornalisti per poterla raccontare.

Eppure l'allestimento di un nuovo hotspot (seppure dove ne sorgeva uno mai entrato in funzione e smantellato), è segno di doverosa attenzione ai diritti dei migranti ad essere accolti in modo dignitoso.

Già alcuni segnali erano stati registrati negli ultimi tempi come la significativa distanza dalla quale documentare gli sbarchi al porto di Reggio Calabria. Nei mesi scorsi poche informazioni, e anche frammentate, proprio sul naufragio di Roccella. Un contesto in cui è stato difficile raccogliere notizie e poterle verificare. I migranti temuti e addirittura perseguiti, come in un cieco tentativo di dare un volto a presunti scafisti senza cercare i veri responsabili e i trafficanti e senza applicare le convenzioni internazionali in tema di accoglienza e protezione.

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